intervista - veranda - Milano

Pubblicato il 7 luglio 2025 alle 11:00

C’è un angolo di Milano in cui il profumo di shashlyk si mescola alle note letterarie del Maestro e Margherita, e dove un aperitivo può trasformarsi in una lezione di lingua o in un viaggio nei sapori di tradizioni lontane. È Veranda, ristorante e luogo d’incontro, di racconto, di memoria. Nato nel 2012 come punto di riferimento per la comunità russofona, oggi è un punto di riferimento per quanti vogliono scoprire culture e contaminazioni culinarie dell’est Europa, grazie alla visione della sua attuale proprietaria Hanna, metà russa, metà ucraina, che ha fatto dell’accoglienza e della condivisione la sua missione. Tra piatti georgiani preparati da mani esperte, laboratori per bambini e adulti, serate letterarie e birre artigianali dal nome di famiglia, Veranda è diventato uno spazio in cui la cucina si fa dialogo e scoperta. In un momento storico attraversato da fratture e contrapposizioni, qui si celebra l’unione. E, come spesso accade, l’unione comincia da una tavola imbandita.


Veranda è un punto di riferimento nel mondo della ristorazione milanese per ciò che riguarda la tradizione culinaria dell’est Europa. Da quanti anni dura questa bella storia?
Io ho collaborato per anni con il locale, che ha aperto a Milano nel 2012; poi l’ho rilevato tre anni fa. Prima il ristorante era popolare soprattutto tra il pubblico russofono, ma io volevo avvicinare gli italiani alla cucina dell’est Europa per far scoprire loro ricette e preparazioni nuove e molto diverse. Sono per metà russa e per metà ucraina, ci tengo a comunicare l’unione di queste due tradizioni, nonostante la situazione attuale. A queste culture culinarie si aggiunge quella georgiana, da noi molto popolare: qui è affidata a un cuoco georgiano, lo chef Emzari Kharashvili, che lavora con noi da tempo.


Oltre alla cucina, ruotano intorno al ristorante tante altre attività. Puoi parlarcene?
Esatto. Da un paio d’anni conduco workshop culinari, con menù prestabiliti di quattro piatti, pensati per tutti, con l’obiettivo di far conoscere le nostre ricette ma anche di far incontrare persone nuove tra loro. Organizziamo anche workshop aziendali, per eventi privati e compleanni, per i quali studiamo il menù da proporre con il cliente. Ci sono poi gli aperitivi in lingua russa: sono rimasta sorpresa perché tantissimi italiani parlano russo. Qui si conoscono e lo migliorano. Magari una persona lo ha studiato ma non ha modo di fare pratica, questo è il posto giusto. Proponiamo giochi da tavolo, quiz e varie attività in lingua. Spesso seguiamo il calendario, magari dopo il Natale spieghiamo le nostre festività, oppure, all’uscita di un film, ne approfondiamo la trama. L’aperitivo dura un paio d’ore, durante le quali serviamo una bibita, un tagliere o un insieme di assaggini delle nostre ricette, dall’insalata russa alle verdure. Organizziamo anche serate letterarie, proponendo i libri più popolari degli autori russi, e da alcuni ne estrapoliamo piatti e ricette che riproponiamo in cucina. Abbiamo preso spunto dal Maestro e Margherita, dal Giardino dei Ciliegi, insomma, titoli con cui le persone hanno familiarità.


Tra i workshop che organizzate, alcuni sono pensati anche per i bambini?
Assolutamente sì. Abbiamo iniziato da quest’anno. Teniamo i laboratori di cucina per i bambini dai 7 ai 12 anni durante la settimana, all’orario in cui escono da scuola, alle 16.30 circa, e anche questi durano dall’ora e mezza alle due ore. Normalmente proponiamo due ricette tra insalata russa, ravioli o focaccia. È un momento molto bello perché lasciamo da parte i telefoni e i genitori sono tranquilli perché i figli stanno con noi all’interno del ristorante e fanno merenda insieme.


Secondo la tua esperienza, quali sono i piatti della tradizione più apprezzati?
Sicuramente l’insalata russa, il pane giordano, le zuppe, i ravioli, ma anche la carne marinata. La nostra è un’offerta comunque molto ampia, anche varia, che cambia stagionalmente, e ai nostri clienti piace assaggiare sempre qualcosa di diverso.


Parlando di offerta beverage, so che alcune delle birre in carta sono di vostra produzione?
Sì, parte della birra che proponiamo la produciamo noi. Alla fine del 2022 il ristorante ha registrato il proprio marchio di birra artigianale, in collaborazione con Serra Storta, il birrificio nel Parco del Ticino dove viene prodotta. È stata una mia idea, così ho deciso di darle il nome di mia figlia: Alais birra scura, Lavinia birra chiara. Abbiamo avviato anche un produzione di vino, rosso e bianco, prodotto in Veneto, a cui questa volta ho dato il nome di mia mamma, Eléna.

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