​50 Best Restaurants ecco chi comanda davvero

Pubblicato il 20 giugno 2025 alle 12:00

​50 Best Restaurants ecco chi comanda davvero

Torino ha fatto da palcoscenico alla cerimonia 2025 dei "World's 50 Best Restaurants", trasformandosi per una sera nel centro della geografia gastronomica globale. Ma se l’Italia ha potuto applaudire sei insegne tra le prime cinquanta, è guardando oltre — alle concentrazioni urbane e agli equilibri continentali — che si capisce chi detta davvero legge nel mondo della ristorazione d’alto bordo. L’impressione generale? L’Europa resiste, ma l’Asia si fa sempre più spazio, con una spinta creativa che inizia a dettare tendenza. Ma andiamo con ordine.

Europa vs Asia: due visioni del mondo nel piatto


Su 100 ristoranti presenti in classifica, l’Europa ne porta a casa 38, l’Asia 25. Gli altri si dividono tra le Americhe (Nord e Sud: 29 totali), Medio Oriente (2), Oceania (1), e Africa (0). Ma il dato interessante non è solo la quantità. È la concentrazione nella fascia alta della classifica.

Dei primi 10 ristoranti al mondo, quattro sono europei (Spagna, Danimarca, Francia), quattro asiatici (Thailandia, Giappone, Cina, Hong Kong) e due latinoamericani (Perù, Messico). Un pareggio apparente che nasconde direzioni opposte: l’Europa tende alla solidità, con ristoranti che restano in classifica da anni. L’Asia, invece, è movimento puro: tra le prime 50 posizioni troviamo sette insegne di Bangkok, due di Tokyo, e una ciascuna da Hong Kong, Seoul e Singapore.

Bangkok, in particolare, ha ormai superato Parigi e Londra come capitale gastronomica dell’Asia. Con ristoranti come Gaggan (n.6), Potong (n.13, miglior nuova entrata), Sorn (n.17), The Chairman (n.19) e altri, la capitale thailandese manda un messaggio preciso: l’avanguardia asiatica non passa più necessariamente da Tokyo o Shanghai, ma da un Sudest Asiatico sempre più autorevole.

La cucina Nikkei del Maido — il vincitore assoluto di Lima — è emblema di questo scambio. Lo chef Tsumura fonde Giappone e Perù in una lingua gastronomica nuova, migrante, e decisamente globale. Un segno che i confini culturali si fanno porosi anche nei piatti.

Le città che comandano: da Bangkok a Parigi, passando per Lima


Quando si sommano le presenze urbane, il dato sorprendente è che Bangkok domina la top 50 con sei ristoranti. Nessun’altra città raggiunge questo numero. Seguono Parigi (4) e Tokyo (3).

Ecco le prime 3 città per numero di ristoranti in classifica 1–50:
    1. Bangkok – 6 ristoranti: Gaggan (6), Potong (13), Sorn (17), The Chairman (19), Suhring (22), Le Du (30), Nusara (35)
    2. Parigi – 4 ristoranti: Table Bruno Verjus (8), Plénitude (14), Septime (40), Arpège (45)
    3. Tokyo – 3 ristoranti: Sézanne (7), Narisawa (21), Florilège (36)

Ma se allarghiamo lo sguardo alla top 100, Londra torna in partita, grazie anche a Mountain (74) e The Clove Club (86), affiancandosi a Bangkok e Parigi in vetta.

Ecco le prime 3 città per numero di ristoranti in classifica 1–100:
    1. Bangkok – 7 ristoranti
    2. Parigi – 4 ristoranti
    3. Londra – 4 ristoranti: Ikoyi (15), Kol (49), Mountain (74), The Clove Club (86)

Da notare come New York, nonostante la sua reputazione, si fermi a 3 presenze tra i primi 100 (Atomix, Le Bernardin, César).

Paesi: l’Italia tiene il passo, ma il Perù conquista il vertice


Guardando alla distribuzione nazionale, ecco i primi 3 paesi per numero di ristoranti nella top 50:
    1. Thailandia – 6 ristoranti
    2. Italia – 6 ristoranti: Lido84 (16), Reale (18), Atelier Moessmer (20), Le Calandre (31), Piazza Duomo (32), Uliassi (43)
    3. Giappone – 4 ristoranti

Ma se allarghiamo lo sguardo alla top 100, la classifica cambia:
    1. Giappone – 6 ristoranti (aggiungendo Den e Sazenka)
    2. Italia – 7 ristoranti (aggiungendo Al Gatto Verde, 92)
    3. Spagna – 9 ristoranti: forte anche nella fascia 51–100 con Mugaritz, Quique Dacosta, Cocina Hermanos Torres e Txispa

Insomma, l’Italia si difende con coerenza: sei presenze tra i primi cinquanta e una settima tra i primi cento. Nessuna meteora, ma un sistema solido, che premia territori meno prevedibili (Brunico, Castel di Sangro, Rubano) e mantiene vive le insegne storiche.

Un'altra certezza è la Spagna, che piazza 9 ristoranti tra i primi 100 pur avendo solo due (Asador Etxebarri e Elkano) nella top 25. Una presenza diffusa, che segnala profondità di scuola e rete.

Una classifica che cambia pelle


Se una cosa è certa, è che la classifica si sta lentamente decentrando. L’edizione torinese lo dimostra: l’asse Parigi-Tokyo-New York non è più sufficiente a raccontare l’eccellenza globale. Lima, Bangkok, Città del Messico, perfino Cartagena (con Celele, vincitore del Sustainable Restaurant Award) dettano standard nuovi, dove la contaminazione culturale è più importante della rigidità tecnica.

Il messaggio finale, tra red carpet, dichiarazioni e premi speciali, è chiaro: la gastronomia è oggi un affare globale, e non più eurocentrico. Se la Francia resiste con i suoi mostri sacri, è l’Asia a infiammare i radar della critica: più giovani, più spavaldi, più iconoclasti. Ma anche l’America Latina mostra una capacità di innovazione che va oltre i numeri, e si misura nella qualità narrativa e culturale.

Dopo il Nikkei di Tsumura e la griglia basca di Arguinzoniz, il prossimo campione mondiale potrebbe arrivare da un angolo ancora sconosciuto. Perché, come ha detto Bottura qualche tempo fa: "L’ingrediente del futuro è la cultura". E quella, ormai, non sta più solo tra le vie di Parigi o nei mercati di Tokyo.


Foto dai canali social ufficiali 

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scritto da:

Maggie Ferrari

I miei ricci parlano per me. Scatenata e bizzarra la notte, frenetica e in carriera di giorno. Toglietemi tutto ma non i miei apericena in centro e la malinconia del weekend, quando mi manca Milano.

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