Ha aperto a Roma un ristorante a metà tra un locale newyorkese degli anni '30 e un'esposizione di visual art

Pubblicato il 7 aprile 2022 alle 19:30

Ha aperto a Roma un ristorante a metà tra un locale newyorkese degli anni '30 e un'esposizione di visual art

La New York degli anni ‘30 è al Campocori, presso il The Chapter Hotel, il designer hotel in via Santa Maria de’ Calderari a Roma.

Lo scorso 24 febbraio ha aperto il ristorante Campocori, un locale che da subito ha fatto parlare molto di sè grazie al particolare design con cui si è presentato alla Capitale. Ma l'attenzione non è dovuta solo ai particolari interni ma anche alla cucina dove troviamo l’executive chef Alessandro Pietropaoli: “Siamo felici di avere Alessandro alla guida di questo grande progetto perché, pur essendo giovane, è già maestro di tecnica e creatività, ma soprattutto un professionista eccellente che pone al centro dei suoi sforzi il cliente. Con Campocori vogliamo tornare agli anni della Golden Age dei Supper Clubs, negli anni Trenta. Locali che offrivano cucina ricercata, servizio di primo livello e convivialità, in un ambiente elegante ma divertente” sottolinea Marco Cilia, proprietario di The Chapter. Alessandro Pietropaoli torna a Roma dopo avere passato 13 anni tra le più importanti cucine d’Italia, tra cui 6 anni al fianco di Vito Mollica a La Veranda del Four Seasons Hotel a Milano e 2 anni con Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi a Orta San Giulio, più qualche esperienza fuori all'estero, come a Montecarlo e al Cairo.

Campocori è una realtà che ha come obiettivo quella di essere il più possibile unica e con una forte identità di base: “Sono tornato a casa per far conoscere una filosofia gastronomica che sento molto mia, personale. Qui da Campocori vogliamo proporci come outsider, farci notare senza seguire schemi preimpostati ma mostrando una forte identità personale, che possa consentirci di distinguerci dagli altri” racconta Pietropaoli. 

Il look del Campocori 

A progettare l’interno del ristorante è Tristan Du Plessis, premiato designer d’interni sudafricano. La forte personalità del Campocori parte proprio dal design ricercato delle sue sale e dall’atmosfera capace di farti viaggiare nel tempo e nello spazio. Al ristorante Campocori sei a New York, sono gli anni ‘30, ma le opere d’arte contemporanea del fotografo bosniaco Haris Nukem, appese alle pareti, ti ricordano che in questo spazio temporale il mondo della visual art esiste già. E allora ti senti quasi provocato dalle tinte forti di Nukem e destabilizzato dalla bellezza dei contrasti che ti accolgono in sala. 

La cucina dallo "switch mentale"

Non solo gli occhi, anche il palato viene teletrasportato in un mondo di contrasti: “Nel menù di Campocori, dunque, l’Italia sarà protagonista indiscussa, ma in una veste mai vista. Dove le ricette della tradizione, a sorpresa, saranno libere di incontrare le spezie orientali, le alghe giapponesi o nuove tecniche di cottura senza correre il rischio di essere snaturate. Tutt’altro: l’obiettivo è quello di arricchirne l’identità in chiave contemporanea, elegante e cosmopolita” sottolinea a riguardo Pietropaoli. Altro aspetto di grande impatto è quello che l’executive chef chiama “switch mentale”: “Porre enfasi in una ricetta, legandola ad un racconto, e stimolare gli ospiti con creazioni scomposte, da bere o afferrare con le mani abbandonando improvvisamente le posate“


Foto dalla pagina Facebook di The Chapter Hotel

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scritto da:

Edvige Valenti

Instancabile viaggiatrice e amante della musica e dell'arte in tutte le sue forme. Alla continua ricerca di nuove realtà nelle quali immergermi e nuove emozioni dalle quali lasciarmi trasportare.

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