Cucina fusion e mixology d'autore nel cuore di Roma. La filosofia di Culto Trastevere tra sacro e profano

Pubblicato il 7 maggio 2025 alle 12:00

Cucina fusion e mixology d'autore nel cuore di Roma. La filosofia di Culto Trastevere tra sacro e profano

Identità, passione, appartenenza. Culto Trastevere è un locale che supera il concetto di spazio fisico e che restituisce ai commensali un'ambiente in cui ascoltare la propria interiorità. Per più di cinquant'anni, queste sono state le mura di un negozio di articoli religiosi. Da qualche anno invece, Culto è un punto di riferimento per la mixology romana e per chi ama degustare una cucina fusion che profuma di internazionalità. Questo grazie a Gloria Bufi, socia fondatrice insieme ai soci Luca Grasso, chef di Culto, il bar manager Giorgio Menotti e il manager Andrea Amici. Iniziamo l'intervista da Gloria Bufi, socia e fondatrice di Culto Trastevere.

Il locale è un unicum nel panorama romano e mescola sacro e profano. Ci puoi spiegare come è nato Culto?

Prima di Culto, c’era un negozio che vendeva articoli religiosi. E non stiamo parlando di un negozio qualunque, ma di uno dei più rinomati a Roma che ha venduto oggetti per oltre cinquant’anni. Siamo a 100 metri da Piazza Trilussa, puoi immaginare il passaggio che c’è stato e che c’è ancora oggi. Quando è andato via, abbiamo pensato di trasformarlo in un locale. Dico abbiamo perché le mura sono di proprietà della mia famiglia, a cui non ho mai nascosto la mia intenzione di aprire un’attività. Per una sorta di rispetto di quello che è stato e per la serie se questi muri potessero parlare, ho deciso di mantenere inalterata la sua anima. Ho lasciato i riferimenti alla religione e ho cercato di arredarlo nel pieno rispetto di ogni culto. C’è spazio per il cuore sacro, ma anche per quello profano. Chi entra, deve sentirsi sempre a casa.

Il menù cambia ogni sei mesi. Un po' in controtendenza con i locali di Trastevere che spesso puntano sempre su alcuni cavalli di battaglie. Come mai questa scelta? 

Ogni sei mesi cambiamo il menù perché trattiamo solo alimenti di stagione. Ci piace esaltare e rispettare i tempi della natura e della terra e vogliamo dare ai nostri clienti sempre qualcosa di diverso. Siamo lontani dall’idea di locale che propone lo stesso menù per vent’anni, la nostra idea di ristorazione è totalmente diversa. E la mixology segue la stessa linea. L’esperienza da Culto non è mai la stessa: puoi anche venire tutti i giorni, ma se prendi piatti diversi e li abbini a cocktail o vini differenti, avrai sempre la sensazione di aver passato una serata speciale.



Possiamo dire che Culto è il tuo spazio nel mondo? 

Le mura sono della mia famiglia e per oltre 50 anni, è stato un locale dove si respirava una certa religiosità. Queste mura rappresentano tanto per me e per la mia famiglia e aver avuto la possibilità di aprirci un locale, per me, è stato un onore. Per questo ho deciso di non stravolgere l’anima e di non distaccarmi troppo da quello che è stato per oltre mezzo secolo. Inoltre ho avuto la fortuna di conoscere le persone che adesso sono i pilastri di questo locale. Prima di essere soci, siamo soprattutto amici. Sono dei professionisti eccezionali e se Culto Trastevere adesso è uno dei locali più rinomati della scena romana, è anche e soprattutto merito loro. Un ringraziamento speciale va anche ad Andrea Amici, che oggi è via per impegni di lavoro ma è sempre presente: gestisce gli ordini del vino e della carne e ci garantisce sempre il suo sostegno nella gestione del locale. 

Sacro e profano: la cucina fusion di Luca Grasso

Intuizione, viaggio, scoperta, recupero del passato e tanta, tanta fantasia. Questi i capisaldi della cucina di Luca Grasso, lo chef di Culto che ha dato vita a un menù affascinante che ti porta in giro per il mondo e ti avvolge in profumi e sapori unici e inconfondibili.  

Ciao Luca, spiegaci in due parole la cucina di Culto.

Culto nasce come tapas bar e mette al centro dell’esperienza la condivisione. A noi interessa che i commensali possano gustare insieme i piatti e ogni portata che esce dalla cucina, è sempre pensata per essere divisa in porzioni. Se guardi il menù infatti, ho deciso di proporre qualcosa di completamente diverso dalla solita carta con primi, secondi e contorni. Si può spaziare tra i piatti e decidere di portare avanti il proprio percorso. 

Nel tuo menù ci sono tante contaminazioni e influenze esotiche. Dove nasce il tuo menù?

Ho lavoro tanti anni all'interno dei ristoranti stellati. Ero nella brigata di Marco Martini qui in Viale Aventino quando il locale ha preso la stella. Poi sono stato a Londra e ho fatto esperienze importanti che mi hanno consentito di crescere ancora. Ho fatto l’apertura del locale di Daniel Humm, che ha preso subito due stelle Michelin e per quattro anni sono stato Sous Chef al Four Season di Londra.  Poi ho avuto l’onore anche di lavorare con Yannick Alléno, che adesso detiene 16 stelle Michelin. A un certo punto Giorgio, un mio amico di vecchia data, mi ha detto che se tornavo a Roma c’era la possibilità di iniziare una nuova avventura in un nuovo locale. Ed eccomi qua. 


Culto, un tapas bar dove la tradizione si sposa con l’innovazione. C’è un modo migliore per dirlo? 

Sì, forse sì. Qui da Culto, la tradizione sacra si fonde con quella profana. Non siamo un ristorante, non facciamo primi o secondi e proponiamo una classificazioni alternativa degli alimenti per materie prime: carne, pesce e vegetali. Non esistono antipasti, primi, secondi e contorni: ogni portata ha la sua valenza ed è da intendersi come esperienza di gusto completa. Molti clienti si affidano completamente a me e mi chiedono di creare per loro un percorso personalizzato. E a chiedercelo sono sia i turisti, sia la clientela romana. 

Non deve essere stato facile lavorare con un menù del genere, quando tutta la zona propone la classica cucina romana.  

Trastevere è una zona in cui i turisti la fanno da padrone e molti di loro, vengono per la classica cucina romana e a noi, neanche si avvicinano. Poi ci sono quelli che stanno più giorni e che oltre ai soliti piatti, vogliono provare un'esperienza diversa e vengono da noi. Ci sono tanti asiatici che apprezzano i miei piatti, perché cerco sempre di proporre abbinamenti e salse che rimandano all’Oriente. Per scelta poi, abbiamo deciso di mantenere i prezzi un po’ sotto la media: in questo modo, attiriamo una clientela trasversale che vuole assaggiare più cose senza essere vincolata alla scelta delle classiche portate.

Una scelta che dimostra una volontà ben precisa: avere un posizionamento diverso.

Esatto. A noi non interessa omologarci agli locali di Trastevere. Il nostro sguardo è un po’ fuori dalla Capitale e la nostra proposta, per esempio, in città come Milano va già molto forte. Per non parlare delle grandi capitali europee. Ad ogni modo, stiamo crescendo molto e siamo sicuri che lavorando come stiamo facendo e alzando sempre l’asticella, ci toglieremo delle grandi soddisfazioni. Il locale è un salotto nel cuore di Roma che nasce dalla ristrutturazione di un negozio che vendeva articoli religiosi. Siamo un unicum nel panorama romano e siamo fieri del nostro essere così diversi dagli altri. Sia chiaro, non ci sentiamo migliori ma solo orgogliosamente diversi come anima e come concept. 


E il cliente romano cosa dice di questa diversità? 

Contro ogni previsione, visto il quartiere in cui siamo, devo dire che la nostra clientela è prevalentemente romana. Il weekend siamo letteralmente presi d’assalto, in settimana invece lavoriamo con i turisti e gli abitanti del quartiere. In settimana infatti, il romano medio preferisce uscire nel quartiere ed è difficile che si sposti dall’altra parte di Roma. Ovviamente, il nostro obiettivo è far sì che questo avvenga. La cucina italiana è meravigliosa e oltre alla carbonara c’è di più. 

Parliamo di te. Nel tempo libero, dove ti piace mangiare? 

Non sono un tipo da trattoria. Nel senso, mi capita di andarci ma se posso scegliere, preferisco sempre qualcosa di diverso. Io mangio molto asiatico: cinese, giapponese, coreano. Mi piace il loro modo di combinare gli elementi. Dall’incontro con la cucina asiatica nasce per esempio il mio raviolo al vapore ripieno di bollito cotto nelle spezie, brasato alla coreana, salsa verde e nocciole tostate. O la mia scarpetta al ragù di polpo in bianco con spuma di pecorino e foglie di menta. Ecco la mia idea di cucina. Contaminare, mescolare, fondere. Nel mio menù inserisco anche 3-4 special a settimana, in base alla stagionalità e alla reperibilità dei prodotti. 

Pensi che Culto possa diventare un franchising? Lo reputi un concept replicabile? 

Dal mio punto di vista, penso proprio di no, Culto siamo noi. Anche la mixology segue la stessa filosofia quindi no, non penso si possa replicare. Quello che possiamo fare magari è variare la proposta e stabilizzarci con un certo tipo di clientela, ma rimarremo sempre noi e non possiamo essere clonati. Neanche dall’intelligenza artificiale. 


Fate catering o avete in mente di farli? 

No, non portiamo mai cibo fuori dal locale. Facciamo eventi qui da Culto, ma non siamo l’attività che prepara food in cucina e poi lo porta in qualche matrimonio o cerimonia. Al massimo, possiamo partecipare a qualche evento e cucinare in loco. Ad ogni modo, non è una cosa a cui pensiamo abitualmente e siamo più concentrati a lavorare con la nostra clientela e a far crescere Culto all’interno del panorama capitolino. Ovviamente se dovessero arrivare richieste importanti come gli Internazionali di Tennis o come il Vinitaly, tanto per fare due esempi, potremmo prenderle in considerazione.

Ci sono alcuni piatti che mi hanno lasciato senza parole. Una su tutti, la tortillas. Fresca, leggera, croccante. Un po’ sudamericana, un po’ romana, un po’ internazionale. Non avevo mai mangiato una cosa simile. 

Mi fa piacere, è uno dei piatti che forse mi rappresenta di più. Tortillas di mais fatta in casa, broccolo romanesco trattato come una puntarella alla romana e gamberi aromatizzati al curry. Questo piatto è nato a Londra, ce l’ho sempre avuto in mente e coniuga perfettamente le mie esperienze e il mio amore per la cucina asiatica e sudamericana. 

E poi c’è il baccalà alla cacciatora, che mi ha trascinato in un iperuranio di sapori e profumi che non credevo possibile. Il fondo ti avvolge in un abbraccio infinito e baccalà, cacciatora e polenta alla piastra diventano una cosa sola. Una vera estasi di gusto

Questo è un piatto che punta a rivisitare un piatto veneto (polenta e baccalà) in chiave contadina. Il baccalà viene scottato e poi glassato in un fondo di manzo, aglio, olive nere e rosmarino e viene adagiato sulla polenta alla piastra. A completamento del piatto, ci metto un po’ di finocchietto che dona al piatto un po’ di freschezza. Un piatto completo insomma, che parte da una ricetta del nord Italia e che trova nella cacciatora la sua sublimazione. 

Lo stesso concetto che sta dietro il nuggets di faraona. Prendere qualcosa di sacro nell’immaginario collettivo e riproporlo in un’altra veste.

Proprio così. Il nuggets di faraona nasce proprio dalla mia volontà di riprendere il concetto di boscaiola classico, funghi e salsiccia, e di accostarlo a un prodotto di nicchia come la faraona, cotta a bassa temperatura e poi panata a fritta. La maionese con birra e senape gli dà un ulteriore sprint. Anche questo piatto è in totale sintonia con la mia proposta food: non è un antipasto, non è un secondo, non è contorno. È semplicemente la mia faraona. 


So che verso la fine di maggio cambierete menù. Io te lo chiedo, dimmi tu se è fattibile. Ci spoileri un piatto che troveremo nel menù estivo?

Sì, molto volentieri. Il raviolo al vapore lo tengo in carta e anziché farcirlo di bollito, lo imprezisco con una farcia tanto cara a noi romani: pollo e peperoni. Ovviamente ci saranno delle salse di accompagnamento, ma non voglio dirvi altro...

Mixology Class: Giorgio Menotti Edition

La mixology proposta da Giorgio Menotti, socio e bartender di Culto Trastevere, segue la filosofia del locale: innovazione costante e selezione accurata delle materie prime. 

Ciao Giorgio. Parlami della mixology di Culto. In cosa differisce, se differisce, dai format classici?

Usiamo solo prodotti stagionali italiani e seguiamo sempre la qualità. Il filo conduttore di ogni drink list è sempre qualcosa di esoterico. Questa lista attuale è improntata sui segni zodiacali, quella di prima era sui tarocchi e quella che partirà a maggio, ti faccio uno spoiler, sarà sulle divinità scomparse. Saranno 10 cocktail freschi e estivi che soddisferanno tutti i palati, ne sono sicuro.

L’idea di abbinare ogni drink a una figurina di un album da completare la trovo geniale.

Questa idea è nata un po’ per gioco ma devo dire che ha avuto molto successo. L’album dura 6 mesi e ogni persona, in questo arco di tempo, ha la possibilità di assaggiare tutta la nostra drink list e di completare l’album. La persona che completa l’album, ha la possibilità di venire dietro il bancone insieme a me e per realizzare il suo drink.


Dove trovi gli spunti per le tue creazioni?

Ogni drink ha almeno un paio di preparazioni che non mettiamo nella lista, perché se no diventerebbe un po’ troppo noioso e autoreferenziale. Il cliente deve capire quello che beve, ma sicuramente non viene per leggere una descrizione lunga come la pagina di un libro. Tendenzialmente, mi piace lavorare con il cognac d’inverno e con il rum in estate, ma cerco sempre di creare una lista inclusiva di tutti i sapori che può avere un drink: dolce, amaro, agrumato, fresco, speziato…

Come arrivi da Culto?

Sono stato a Londra e ho lavorato in ristoranti stellati. Qui a Roma ho lavorato al Pastificio San Lorenzo e mi sono fatto le ossa lavorando in parecchie discoteche rinomate. Ho fatto l’apertura di Culto 5 anni fa e da quel giorno, non ho mai smesso di sognare e di crescere con questo locale.

Drink, ma anche vino. Quale è la scelta del locale?

Anche sulla scelta dei vini, abbiamo deciso di portare avanti la filosofia di Culto. Quindi non abbiamo scelto cantine tipiche della grande distribuzione e preferiamo lavorare con piccole cantine che ci garantiscono un prodotto eccellente. Un esempio su tutte la cantina veneta Mosole, da cui prendiamo tre bianchi incredibili come Pinot Grigio, Ribolla Gialla e Hora Prima e alcuni rossi di qualità superiore come il Merlot Venezia, il Merlot riserva Ad Nonam e il cabernet Hora Sexta. Abbiamo anche vini laziali come il Cesanese o la Passerina e vini francesi come lo Chablis o il Les 2 Vaches Rouge, 100% uva Tannat. Un vitigno a bacca nera originario dei Paesi Baschi che viene lavorato al confine tra Francia e Spagna.

CULTO • Trastevere
Vicolo Del Quartiere, 7A - Roma
Telefono: 0689222565


(foto: credits 2night.it e gentile concessione Culto)  

  • GLI ADDETTI AI LAVORI

scritto da:

Angelo Dino Surano

Giornalista, addetto stampa, web copywriter, social media manager e sognatore dal 1983. Una vita intera dedicata alla parola e alle sue innumerevoli sfaccettature.

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