Izu, una storia di famiglia che guarda lontano.

Pubblicato il 12 dicembre 2025

Non fusion, ma dialogo: quando l’Oriente incontra il Mediterraneo con logica, tecnica e identità.

Siamo stati da Izu e quello che abbiamo vissuto è molto più di una semplice cena. Dal 1993 questo ristorante porta avanti una storia familiare che oggi continua con Jin, proprietario e anima della cucina, capace di trasformare l’esperienza gastronomica in un racconto coerente, elegante e mai scontato. Un percorso che non sorprende vedere riconosciuto dalla Guida Michelin 2025 e riconfermato nel 2026, a testimonianza di un lavoro costante e consapevole.

La cucina di Izu è giapponese, sì, ma non nel senso rigido del termine. Qui l’Oriente dialoga con altri mondi, soprattutto con il Mediterraneo, senza mai cadere nella definizione, spesso abusata, di fusion. È piuttosto un filo d’oro che lega ingredienti e sapori diversi con una logica precisa, fatta di tecnica, rispetto e visione. Ogni accostamento è pensato, ogni scelta ha un perché.

Jin ci racconta di un’esperienza pregressa in cucina solida e strutturata, e questo si percepisce chiaramente nel piatto. Izu lavora con una presenza quotidiana e attenta, fondamentale soprattutto nella selezione degli ingredienti. Grande attenzione è riservata ai piccoli produttori, sia per quanto riguarda il food sia per il mondo del vino e del sake. La cantina, infatti, offre una scelta interessante di sake, affiancati da una selezione di vini pensata per accompagnare, non sovrastare, la cucina.

Il nostro percorso inizia con un carpaccio di capasanta su specchio di yuzu. Lo yuzu, agrume del Sol Levante, incontra la dolcezza della capasanta in un equilibrio che richiama il Giappone ma strizza l’occhio al Mediterraneo. In bocca il risultato è fresco, vibrante, estremamente pulito: un inizio che prepara il palato e chiarisce subito la direzione.

Si prosegue con un fuori menu sorprendente: gambero adagiato su un letto di patate viola soft, lavorate con una tecnica di ispirazione francese, cremosa e avvolgente. La morbidezza della patata contrasta con la croccantezza del gambero e di un fungo giapponese, creando un gioco di consistenze che funziona perfettamente.

Arriva poi una trilogia di ceviche, composta da berice rosso, franzino e ricciola, accompagnati da una salsa peruviana al peperone e gocce di olio al coriandolo orientale. Ancora una volta, il mix è evidente ma mai caotico: ogni elemento è lì per valorizzare l’altro, in un dialogo continuo tra culture gastronomiche.

Non mancano gli omaggi alla tradizione nipponica, reinterpretati con carattere. Gli uramaki di tonno rosso bluefin e avocado sono precisi ed equilibrati, mentre l’uramaki “50 sfumature di nero”, con ventresca di tonno, gioca sul nome ma soprattutto sulla profondità del gusto. Chiudiamo con una selezione di nigiri, essenziali e puliti, che riportano tutto all’essenza della cucina giapponese.

A rendere l’esperienza ancora più completa è la location. L’ambiente si presta sia a cene intime sia a tavoli più conviviali. Lo stile è classico, ma è il lavoro sulle luci a definire lo spazio: giochi di ombre, soprattutto a soffitto, che creano un’atmosfera quasi morfologica, calda e avvolgente. Un luogo ospitale, dove il tempo scorre piacevolmente e invita a restare.

Izu è un ristorante che lavora con coerenza, visione e sensibilità. Una cucina che non cerca scorciatoie, ma costruisce identità giorno dopo giorno. E si sente, dal primo assaggio all’ultimo.

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