Claudio Lepore, un barese tra i leader del bartending internazionale

Pubblicato il 23 ottobre 2021

Claudio Lepore, un barese tra i leader del bartending internazionale

Claudio Lepore ha 36 anni ma ha già vissuto tante di quelle vite che potrebbe averne 101. Eppure è uno di quei centenari di spirito che non stanno mai fermi e se ne inventano una al giorno. Quelle che si inventa lui hanno sempre successo.
Attualmente è il fondatore e leader di Barproject Academy, una scuola di bartending nata a Bari ma diventata internazionale perché è sempre sul pezzo e attenta come nessuno alle nuove tendenze. Basti pensare che la nuova sede, che inaugurerà il prossimo novembre, affacciata direttamente sul lungomare di Bari, sarà anche uno shop (aperto a tutti) degli strumenti del mestiere e dei prodotti più avanzati del bartending contemporaneo: da tutto ciò che serve per lo speciality coffee ai kombucha insomma. E se si è un neofita, ti fanno un breve corso di 5 minuti per metterti nelle condizioni di far bene a casa tua.

Mi sono fatta raccontare come è arrivato a fare quello che fa.
"All'età di 14 anni già lavoravo nel mondo del food, mentre frequentavo l'alberghiero. Lavoravo nei locali e nelle sale ricevimenti, ma sentivo che il mondo del bar e del cocktail bar era quello che mi si confaceva di più. Da quando avevo 16 anni ho lavorato al Caffè Italiano, che ora non esiste più ma al tempo era l'icona delle caffetterie di Bari
Dopo ho cominciato a lavorare nei cocktail bar e sono diventato il bar manager del Gilda Club, punto di riferimento per grandi eventi (dal food al beverage) ma anche della musica.
E poi l'ultima icona di club a bari con mixology è stata il Gorgeous, e lì ero bar manager a 18 anni; lavoravo d'inverno, d'estate invece avevo preso in gestione il primo juice bar a Riccione, in via Tasso, per 6 anni.  Dopo 6 anni ho capito che volevo tornare in Puglia, anche perché mi ero accorto che eravamo una una Regione in crescita. Nel 2008 torno definitivamente a Bari per aprire il mio locale, Curcuma, uno spice bar che diventa la base della scuola di formazione di miscelazione avanzata. Facevamo formazione sia sul bere che sulla musica da ascoltare per gustarsi le serate, facevamo cose musicalmente semplici, per distaccarci dalla discoteca, ma le cose semplici sono le più difficili..."
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Immagino che quella scuola dentro il Curcuma fosse la fase embrionale di Barproject Academy, come è successa la metamorfosi?
Sì è così, tutto è nato dal fatto che cominciavamo ad avere molte richieste per il catering, ma non c'erano figure formate né in Puglia né in Italia. Da quella situazione ho cominciato innanzi tutto a formarmi io, ho fatto diversi master in Italia e in Europa e poi ho cominciato a formare diverse persone. Così, in poco tempo il progetto è sbocciato, e da lì abbiamo aperto la s.r.l. Barproject Academy, e la scuola è cresciuta così tanto che abbiamo dovuto abbandonare il bar, che ci portava via tempo ai corsi. Ora la scuola ha 13 anni.

So che la scuola ha avuto anche una propaggine africana, me la racconti?
Nel 2014 sono partito in Africa per una consulenza di Barproject, dei concittadini baresi, Antonio de Bari e Terry Antoncelli, vivevano lì da molti anni, e insieme a loro, per primi, abbiamo portato il cocktail in Kenia. Ho seguito Antonio e Terry perché erano miei clienti, ma ora sono diventati persone importanti per me, loro avevano in Kenya tre ristoranti, un cocktail bar e una discoteca. 
Con la nostra formazione hanno aumentato il fatturato derivato dalla richiesta di cocktail del 40% in soli due anni. Da quel successo è nata una scuola con sede in Africa e io sono rimasto lì per altri 6 anni.

Da questa esperienza è nata un'internazionalizzazione della scuola?
Sia loro che io ci siamo trasferiti nuovamente qui da un paio d'anni, colpa degli attentati e della situazione pandemica. Antonio però rimane il mio socio per l'estero, dall'India a Dubai al Bangladesh: grazie ai catering veniamo a contatto con persone di tutto il mondo, e grazie al passaparola e alla loro esperienza positiva ci portano in ogni angolo del mondo. Ultimamente abbiamo fatto un matrimonio lungo una settimana, con una famiglia importantissima del Bangladesh, il wedding planner veniva da Londra.

Tu però sei tanto conosciuto anche per Splash, ma è vero che lo Splash festival all'inizio era una festa aziendale?
Sì, lo Splash è un progetto nato 5 anni fa, un'associazione culturale che ha come mission l'educazione all'ospitalità nel mondo ho.re.ca. Mi era venuto in mente che invece di fare la festa aziendale potevamo fare una specie di festival con tutti i partner e gli espositori e un grande concerto sulla spiaggia, per un giorno intero, d'estate. Era un evento tra amici (anche se eravamo in tanti) in cui si stava insieme e basta.
Poi ho conosciuto Edgardo Amendola, che mi ha spronato ad investire nel mondo delle fiere. Edgardo è l'organizzatore di Levante Prof, fiera internazionale dell'ho.r.e.ca. all'interno della Fiera del Levante, e così ho deciso di prendere uno spazio di 4 giorni durante la fiera, per fare un incontro con le aziende, siamo cresciuti molto e ci voleva un evento coerente con la nostra nuova pelle. Quest'anno, la quinta edizione, abbiamo fatto 25 mila presenze, più di 30 partner, 100 talk, 60 ospiti...
Le aziende con cui collaboriamo, devo citarle tutte perché per noi sono tutte importanti, sono: Barty mix, Manovale, Velier, Orsini acqua - soda, Gamondi - illegal, 3D Voult, Jojolly, Millelire, Natura humana, Bad spirit, Spiriti divini,  Pernot Ricard, Agenzia Leone, Coca Cola hbc, Beltion, Hoshizaki, Distilleria Marzadro, Spirits e colori, B31, Cantina Vignone.

Anche Splash dunque è diventato in breve un progetto importante
Sì, da qualche anno sono nel mondo delle fiere, sto facendo dei corsi di aggiornamento ma abbiamo già un nostro format, che si chiama "innovazione nel mondo del bar" con uno stile minimal e una focalizzazione vera sul contemporaneo e sul futuro, ci piace dare spazio, oltre ai grandi marchi che ovviamente sono nostri parnter e ci permettono di fare quello che facciamo, anche con artigiani locali, piccole start up e belle idee.

Mi fai qualche esempio?
Abbiamo avuto lo stand di Jojolly, una start up milanese che ha creato una app per la ricerca di personale nell'ho.re.ca, per eliminare il lavoro nero.
C'era un'azienda che stampa bicchieri e sottobichieri con la stampante 3D.
E una ragazza, la fondatrice di Natura Humana, che lavora la carruba pugliese, un antico dolcificante naturale,  creando degli sciroppi per il bartending.
Poi c'era un ragazzo di Matera che ha aperto un suo liquorificio, Millelire Spirits, che produce un gin e un vermuth spettacolari. E anche un'azienda di 4 ingeneri baresi, una delle 10 start up più innovative d'Italia secondo Sky Tg24, che hanno creato un robot che crea i cocktail le bottiglie a vista, Barty Mix. Avevamo dei rosoli di Spiriti Divini, completamente made in Puglia, fatti tutti a mano.


Insomma fate tantissima ricerca, e nel futuro di Splash che c'è?
La prossima Splash sarà a Roma a marzo 2022 dove cureremo tutta la parte beverage della fiera. Poi nel 2023 torniamo a bari con 200 stand, cioè quadruplichiamo rispetto all’ultima edizione


E, a parte la nuova bellissima sede, cosa fa ora la Barproject Academy?
Tantissimi corsi, sulle discipline più disparate del bartending e della caffetteria: healty bar, latte art coreana, roasting, dal mixing base alle tecniche più raffinate. Abbiamo organizzato tutto in corsi base e tre master, di livello sempre più avanzato.
E poi gestiamo una seconda filiazione di Barproject, una seconda associazione culturale (la prima è Splash) che si chiama Bplab/wallness lab, un collettivo di artisti che fa installazioni di arte in tutta Italia e che organizza eventi culturali. Siamo già stati in molte capitali tra cui: Berlino, Milano, Atene. In più siamo su un nuovo progetto di Virtual Reality, curato da Michele De Sanctis, in cui concediamo ai nostri partner la tecnologia di far vivere, ai loro clienti, ovunque siano, attraverso la realtà aumentata, l'esperienza di prodotto che vogliono.
E siamo usciti con un nuovo prodotto, un cocktail ready to drink in collaborazione con Tommy Colonna, si chiama Peracotà, fa 7 gradi ed è a base di pera cotta, kombucha, zenzero e cannella, molto buono, con la sua frizzantezza naturale.

Ma tutti questi progetti li segui da solo?
Assolutamente no, infatti devo fare un ringraziamento speciale alla squadra di Barproject academy, è grazie a loro se tutto questo è realtà. Ho al massimo supporto di Valentina Modugno responsabile amministrativo e dei corsi, una figura importantissima x me . E poi i trainer/consulenti interni a BP, selezionatissimi. E ancora Haneul Lee che ci porta una ventata asiatica super professionale sul caffè e sulla miscelazione e a Andrea Salamida, il nostro filosofo del beverage e figura di riferimento dei talk. 

Domanda inevitabile: come la pandemia ha cambiato la vostra identità professionale? 
Abbiamo usato quel tempo per aggiornare tutta la nostra presenza online e per fare i video corsi, ma non ci bastava, perché il video corso è utile ma non sostituisce il corso in presenza. Così siamo stati i primi in Italia a fare il corso online con box che arriva a casa con kit alcolico, la divisa, l'attestato e quando ti colleghi sei one to one, in video, con il formatore.

  • GLI ADDETTI AI LAVORI

scritto da:

Rossella Neri

Filologa, ma sto tentando di smettere con una terapia d'urto a base di ristoranti. Per passione cucino, scrivo ricette, (in)seguo gli chef e cerco ristoranti capaci di tenere testa alla mia indole ipercritica da signorina Rottermeier.

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