Un ristorante unico nel panorama veneziano e la sua cucina, raffinato incontro tra Italia ed Oriente
Pubblicato il 24 settembre 2025
Venezia. Nella più bella laguna, nella città più romantica del mondo, la sera si tinge di rosa mentre attraverso l'ultimo ponte sull'isola della Giudecca. L'aria è fresca, carica di quella salsedine che soltanto la Serenissima sa regalare, e davanti a me si erge maestoso l'Hilton Molino Stucky, un tempo mulino industriale, oggi cattedrale dell'ospitalità luxury. Qui, al pianterreno, sorge l'Aromi, ristorante che rappresenta una delle proposte gastronomiche più interessanti del panorama veneziano contemporaneo.
Entrando all'Aromi, percepisco immediatamente che questo non è un ristorante qualunque. Lo chef Ivan, con i suoi anni trascorsi in Cina, ha creato qualcosa di unico: una cucina che non si limita a sovrapporre sapori italiani e asiatici, ma li fonde in un linguaggio gastronomico completamente nuovo. L'ambiente stesso lo racconta: linee pulite e moderne che dialogano con le ampie vetrate sul Canale della Giudecca, mentre dettagli orientali sussurrano storie di viaggi e contaminazioni.

Il primo assaggio rivela già tutto: la tartelletta con fagioli rossi e capperi non è solo un antipasto, ma una dichiarazione d'intenti. Segue quello che considero un piccolo capolavoro: spaghetti freddi che evocano i glass noodles asiatici, avvolti in panna acida e impreziositi dall'intensità dell'uva di mare. La chip di lattuga marina con tempura di riso e zest di limone completa questo trittico con un gioco di consistenze che anticipa la complessità di ciò che verrà.
Poi arriva la tartare di astice e aragosta. Quando lo chef presenta il piatto con sorbetto al cetriolo e tabasco, servito con latte di cocco e olio di astice, comprendo di essere davanti a qualcosa di speciale. Ogni elemento ha un senso preciso: il sorbetto rinfresca, il tabasco risveglia, il latte di cocco trasporta in Oriente. È equilibrio puro, studiato ma mai artificioso.
Nel frattempo, il sommelier mi versa il Maximum Brut Blanc de Blanc e subito riconosco l'importanza del momento. Questa è la prima etichetta di Trentodoc prodotta da Giulio Ferrari agli inizi del Novecento, custodita nella sua inconfondibile bottiglia con etichetta nera e dettagli rosso-oro. Le bollicine danzano nel calice e si sposano perfettamente con i sapori marini appena assaggiati. È storia liquida che incontra innovazione culinaria, eppure solo l'inizio di un percorso in abbinamento mi vede degustare anche un pregiato riesling renano, un elegante pinot grigio friulano, un aromatico gewürztraminer dell'Alto-Adige, il giovane ma già rinomato moscato giallo di Maeli e infine un rosato Lumera di Donnafugata.

Il raviolo con carne d'anatra e radicchio arriva nel suo consommé alle cinque spezie orientali e capisco di essere davanti a uno dei punti più alti della serata. Il brodo ha una trasparenza cristallina che nasconde ore di lenta cottura, mentre le spezie orientali creano un profumo che trasporta la mente altrove. È tecnica italiana che parla cinese, ed è bellissimo.
Ma è con gli spaghetti al nero di seppia che lo chef Ivan si supera. La bisque al yuzu kosho porta l'anima giapponese nel piatto, mentre i ricci di mare aggiungono quella salinità intensa che solo il mare sa dare. Il colpo di genio? Il gelato agli stessi ricci. "Un morso e un morso", suggerisce lo chef, e seguendo il suo consiglio scopro un gioco di temperature che amplifica ogni sapore marino. È audace, funziona, sorprende.

Il risotto alle alghe con riduzione kimchi e stelle di daikon è probabilmente il piatto che meglio sintetizza la filosofia dell'Aromi. Assaggiandolo, realizzo come il fermentato coreano possa dialogare così naturalmente con la tecnica italiana del risotto. Le alghe portano il sapore del mare, le stelle di daikon aggiungono croccantezza e freschezza. È un piatto coraggioso che sfida ogni convenzione, e vince.
Il moro oceanico glacier 51 arriva accompagnato da polvere di chorizo, carpaccio di zucchine, acciughe e olive, il tutto legato da una salsa di mare che racconta storie di oceani lontani. La cottura del pesce è impeccabile, e ogni componente del piatto ha un ruolo preciso nell'armonia d'insieme.

Il carciofo cotto al vapore e rifinito in padella con burro alla nocciola mi colpisce per la sua apparente semplicità che nasconde grande complessità. La noce di Macadamia acida aggiunge una nota tropicale inaspettata, mentre il dashi vegano (preparato con alghe ma privo di pesce essiccato per rispettare la filosofia vegetariana) dimostra come si possa raggiungere profondità di sapore senza compromessi etici.

L'ultima portata mi lascia senza parole. Gelato all'aglio nero con formaggio cremoso, cioccolato bianco, riso soffiato, kumquat e foglie d'oro: sulla carta sembra impossibile, nella realtà è geniale. L'aglio nero fermentato, dolce e complesso, si trasforma in un gelato che sfugge a ogni classificazione. È il dessert che sintetizza perfettamente l'anima dell'Aromi: imprevedibile, tecnicamente perfetto, memorabile.

Uscendo dall'Aromi, con il Canale della Giudecca che riflette le luci della sera, porto con me la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di speciale. Lo chef Ivan non ha solo cucinato: ha raccontato una storia fatta di incontri, viaggi, contaminazioni culturali. Ogni piatto era un capitolo di questa narrazione, tecnicamente impeccabile ma mai freddo, innovativo ma mai fine a se stesso.
In una Venezia che spesso si adagia sulla propria bellezza storica, l'Aromi rappresenta una ventata di contemporaneità intelligente. È un ristorante che guarda al futuro senza dimenticare le radici, che sfida le convenzioni senza cadere nell'eccesso, che sorprende senza sconcertare.
La qualità delle materie prime, l'esecuzione impeccabile, la coerenza del percorso degustativo e l'originalità della proposta lo collocano senza dubbio tra le migliori esperienze gastronomiche di Venezia. Non è solo alta cucina: è cucina che ha un'anima, che racconta storie, che lascia il segno. E in un panorama gastronomico spesso appiattito su formule collaudate, oggi, questo, riesce a fare la differenza anche nella città più bella del mondo.
Aromi Restaurant
Sestiere Giudecca, 810 - Venezia
Telefono: 0412723316
scritto da:
Con lo pseudonimo di Kintor racconto da anni i miei intrattenimenti. Sport e hi-tech gli amori di gioventù; mentre oggi trovo che viaggiare alla ricerca di culture, gusti e sapori della terra sia la cosa più bella che c'è. O magari la seconda, via.
Via Giudecca 810, Venezia (VE)