​Come tutelarci se oltre la metà del sushi che mangiamo non è vero sushi

Pubblicato il 16 febbraio 2023 alle 08:00

​Come tutelarci se oltre la metà del sushi che mangiamo non è vero sushi

Ovvero, non segue standard di qualità e tecniche di esecuzione millenarie.

E’ notizia di pochi giorni fa, a Napoli una donna di 40 anni è morta dopo un pranzo a base di sushi e, spiega La Repubblica: “Prima il vomito, poi il collasso e il decesso. È giallo sulla morte di Rossella Di Fuorti, una donna di 40 anni di Napoli, morta giovedì pomeriggio nella sua abitazione nel quartiere di Soccavo. Per i genitori la morte, avvenuta per arresto cardiocircolatorio, sarebbe legata a un pranzo al ristorante giapponese proprio per festeggiare i suoi 40 anni; da ristorante la donna era tornata alle 15 e alle 16 si sarebbe sentita male.”. Saranno ora le indagini in corso da parte dei Nas e l’autopsia disposta a dipanare le tante ombre di questo evento tragico. 

Ed è proprio in concomitanza di eventi come questo che sorge spontaneo porsi delle domande circa la reale qualità del sushi che mangiamo, non solo, se esistano certificazioni di conformità e qualità che, trattandosi in molti casi di pesce lavorato e servito crudo, sono fondamentali. Se non vitali…

La situazione, almeno in Italia, pare molto nebulosa e, come spesso accade, parallelamente a ristoratori seri e professionali ci sono anche quelli che antepongono prezzi allettanti alla sicurezza. E chi ne accetta il circolo vizioso, va detto, e lo alimenta. Non si spiegherebbe altrimenti il costante, incessante, fiorire di ristoranti “All you can eat” di dubbia natura. 

Il vero sushi e il “tarocco”

Preparare il sushi è un’arte e come tale andrebbe tramandata, non un semplice piatto ma il simbolo di una cultura gastronomica, quella di un intero Paese: il Giappone. Eppure emerge un dato inquietante: il 55% del sushi oggi in commercio è “taroccato”, cioè falso, non confacente agli standard di qualità. Lo dice a gran voce Uese Italia Spa, società veneta che creerà una certificazione, una sorta di “bollino di qualità”, a breve in vigore.

La nuova certificazione 2023

Sarà quindi Uese Italia a definire le regole e i requisiti dei professionisti del settore e certificare i processi di validazione del prodotto. Un’azione che dovrebbe essere pronta entro l’anno 2023 e che permetterà di riconoscere “il Sushi doc" rispetto a quello falso. Spiega il Ceo di Uese Italia, Giuseppe Izzo: “il consumatore non può certo fare il detective ma, con il lavoro combinato di certificazione che stiamo realizzando, avrà comunque gli strumenti per riconoscere quello doc”. E ancora: “… il nostro lavoro avrà molteplici benefici, per il consumatore, certo, ma non solo per lui” perché “sulla base della patente che rilasceremo si verrà a contatto con gli chef stellati di tutto il mondo e s’avvierà una catena virtuosa rilevante”

Non un caso isolato, la certificazione che arriva dal Giappone

Se quella di Uese è una certificazione italiana, ne esiste anche una pensata dai giapponesi stessi. Si chiama Japanese Food Supporter e ha avuto una lunga gestazione. Già dal 2006, infatti, il primo governo Abe capì fosse il caso di tutelare il piatto simbolo dalle contraffazioni estere. I Requisiti, spiega cucinagiapponese.net, sono i seguenti:

“Capacità di promuovere il valore della vendita di cibo e ingredienti giapponesi di qualità, sicuri e affidabili.”;

“Essere in grado di ottenere cibo giapponese di qualità tramite contatti e comunicazione con le reti distributive giapponesi.”;

“Capacità di auto promozione attraverso la registrazione del proprio locale nell’elenco di ristoranti Taste of Japan promosso dal Ministero Giapponese dell’Agricoltura, Foreste e Pesca.”.


I ristoranti e i negozi di alimentari in grado di soddisfare questi requisti possono essere certificati come “Japanese Food Supporter Store” e fregiarsi del logo su insegne e menu. QUI tutte le info e come fare. E QUI tutti i locali in Italia che possono già esibire il logo di qualità made in Japan. 

Insomma, non sono molti i locali che possono servire sushi a “testa alta” se si fanno i conti con la crescita del settore; non sono pochi, se si pensa che la crescita non è sempre sinonimo di qualità e che non è avvenuta in maniera omogenea nelle varie zone del nostro Paese.


Foto dalla pagina Facebook di Taste of Japan
 

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scritto da:

Mariagiovanna Bonesso

Una mamma tacco 12? Anche un paio di ballerine Prada vanno bene, ideali per (rin)correre (il pargolo). Non ho smesso di "fare cose e vedere gente", coltivare la mia passione per arte, design, fotografia e moda, of course. A sdoppiarmi ancora non riesco, ma un Hugo cocktail e un cigarillo Cohiba mi ridanno i superpoteri istantaneamente.

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