La comunicazione quella fatta bene, nei tempi corretti e con le foto magnifiche. Il locale perfetto, capace di incastonare nella memoria il giusto rapporto tra ciò che è stato e quello che è, che non è mai cosa da dare per scontata. Aggiungi una cucina che mira alle stelle, anzi, alla stella quella più luminosa di tutte perché non è “l’amor che move il sole e l’altre stelle” Dante, lo sanno tutti: è la guida Michelin. E poi una storia comune, una visione comune, perché no, mettici dentro anche una di quelle amicizie sincere e il gioco è fatto. Anzi, il gioco è appena iniziato. 

Loro sono Incàlmo - con l’accento sulla “a” - sono il nuovo passo dello storico Hotel Beatrice di Este situato nel cuore dei Colli Euganei e sono un ristorante di cucina fine dining oppure come la descrivono loro stessi: sono un ristorante la cui cucina è “schietta, immediata, riconoscibile e mai scontata”.

Loro sono Incàlmo - con l’accento sulla “a” - ma sono soprattutto Michele Carretta, Ricardo Scacchetti, Francesco Massenz e Leonardo Zanon, titolari e responsabili di sala i primi, Chef i secondi, amici e colleghi che guardano dalla stessa parte tutti e quattro. 

Li abbiamo incontrati per voi e quello che ne è uscito è un racconto che ha molto più a che fare con le vite, le passioni e quei momenti sliding doors che a tutti noi capitano ma che quasi mai abbiamo l’arguzia di riconoscere. Ecco, loro quell’arguzia la mettono ogni quattro volte l’anno alla presentazione dei menù stagionali di Incàlmo. 

Difficile fare un menù a quattro mani, ancor più una intervista a quattro voci. Andrei con ordine se siete d’accordo e vi chiederei di dire le prime cose che vi vengono in mente e che potrebbero spiegare chi siete e perché siete arrivati qui ad Este


Michele:
Inizio io non perché ami primeggiare ma perché così rompo il ghiaccio e anche perché se siamo tutti qui un po’ lo devo al mio bisnonno. Lui era infatti originario di Este ed è stata sua l’idea di costruire e aprire l’Hotel Beatrice che è poi passato di mano in mano all'interno della mia famiglia. Io arrivo da un passato all’estero, ho vissuto e lavorato per molti anni a Londra e per una sorta di gioco del destino sempre a Londra ho avuto modo di conoscere sia Ricardo che Leonardo, con i quali ho condiviso esperienze lavorative.
Quando si è presentata l’occasione di prendere in mano questo posto e l’annesso ristorante, era il 2018, non mi sono fatto troppe domande e ho subito chiesto a Ricardo di seguirmi così come a Leonardo, che a sua volta ha chiamato Francesco. Oggi da Incàlmo mi occupo della sala, trattando il cliente come vorrei essere trattato io una volta entrato in un locale e cercando sempre di renderli partecipi di questa cosa che stiamo cercando di fare perché non abbiamo nulla da insegnare, solo da condividere. 

Francesco: Esatto, da questa intervista l’unica cosa che trasparirà è che sono l’unico a non essere stato a Londra. Scherzi a parte come amiamo spesso ribadire anche nelle comunicazioni ufficiali, io e Leonardo siamo gli Chef di Incàlmo, siamo due professionisti ma anche due grandi amici che si sono conosciuti tanti anni fa in cucina. Io ho una formazione molto lineare, ho studiato per fare questo e dopo aver un po’ girato l’Italia  - “Agli Amici” di Udine compreso - sono arrivato qui perché stuzzicato dall’idea di un progetto sincero e molto più “mio”, “nostro”. Con Leonardo faccio ciò che ci è spesso capitato di fare: divido la cucina ma qui è qualcosa di molto più armonioso e personale. È un bel lavorare perché siamo due persone all’opposto in tutto, palato compreso, e questo fa si che riusciamo ad essere molto complementari. E poi anche se non sembra abbiamo un grande rispetto l’uno dell’altro, ci fidiamo. 

Leonardo: Sono stato la causa di tutti i suoi mali esatto. Che dire che non abbia già anticipato Francesco, che dei due è sicuramente quello che più ama chiacchierare? Beh forse che una delle poche cose che abbiamo in comune è l’essere Bellunesi, per il resto lui è la parte esuberante, io quella più silenziosa, lui è l’amante (e l’addetto) al reparto salato, io a quello della pasticceria. Non è stato sempre semplice come può sembrare guardandoci, ma oggi soprattutto grazie ad Incàlmo, abbiamo capito come lavorare di squadra, perché l’obiettivo è comune: farti stare bene. Che sembra semplice eh, ma non lo è. 

Ricardo: Io sono l’unico del gruppo che arriva da un mondo diverso da quello della ristorazione e che si è diciamo un po’ reinventato mettendosi molto in discussione. Ho conosciuto Michele a Londra perché lavoravamo insieme anche se facevo tutt'altro: io mi sono sempre occupato di Comunicazione&Marketing. La chiamata di Michele nel 2018 ha stravolto le carte un po’ di tutti e mi sono buttato a capofitto in questa nuova esperienza e posso dirti, forse arrivare da tutt’altro campo è la mia grande forza, il maggiore contributo che sono in grado di dare ad Incàlmo ma anche ai nostri clienti. Oggi sono il titolare con Michele e assieme gestiamo la sala di Incàlmo. Mio il compito di gestire la carta vini che ho creato in questi anni con un solo metro di misura: la qualità che non possiamo mai dare per scontata e la possibilità di offrire ai nostri clienti qualcosa di nuovo, una storia. 

Un gruppo affiatato e un obiettivo comune che possiamo dire serenamente ad alta voce. Come ci siete arrivati all’idea di Incàlmo? 


Michele:
Non è un segreto che Incàlmo nasce e soprattutto cammina con l’enorme ambizione di raggiungere la Stella Michelin. Non è il faro che muove ogni nostro passo ma è sicuramente una luce che ci ricorda la direzione che vogliamo prendere ogni giorno, ad ogni menù, ad ogni scelta che siamo portati a compiere. È stato un percorso in salita il nostro, siamo arrivati qui nel 2018, il tempo di ristrutturare - Incàlmo prende il posto dell’ex ristorante dell’Hotel Beatrice - e poi il Covid. Abbiamo ufficialmente aperto nel 2021 ma i primi anni non ti nego, sono stati veramente complicati perché eravamo nuovi, il periodo era complesso e la nostra proposta ancora tutta da conoscere. Oggi ci rendiamo conto di essere sulla strada giusta perché chi varca la nostra porta è qualcuno mosso dalla stessa curiosità, passione e voglia di sperimentare che ogni giorno mettiamo nel nostro lavoro. È un riconoscersi quasi, una soddisfazione molto grande. 

Ricardo: Anche nel vino ad esempio, come ti dicevo prima, il mio non arrivare da questo mondo è stata una grande fortuna perché mi permette di non avere delle “fisse” o dei preconcetti e allo stesso tempo ho la voglia di sperimentare, provare, conoscere e capire. Non posso definire la nostra carta in nessun modo. Non è una carta tradizionale ma non è nemmeno una carta di vini naturali ad esempio, è un insieme di storie e luoghi che ci hanno e mi hanno colpito e che spero di poter raccontare e trasmettere ai nostri clienti. Mi piace provare a giocare, sperimentare con loro perché ad offrire l’etichetta famosa o la grande annata serve relativamente poco, a trasmettere una conoscenza, una sensazione invece…

Una cucina che definite “schietta, immediata, riconoscibile e mai scontata”. Ci spiegate cosa vuol dire? 


Francesco:
Siamo tutti molto diretti, sia in sala che in cucina. Ci piace che la cucina che proponiamo sia semplice, che racconti un territorio ma anche che lo rappresenti e che lo ricordi. Se proponiamo una carota, beh, quella deve essere, sembrare e sapere da carota, ma questo non ci può e non ci deve limitare, anzi, è la nostra forza. E poi preferiamo evitare tanti orpelli e narrazioni, nel piatto come nel servizio. L’obiettivo è farti star bene, il mezzo è la cucina, te le devi godere tutte le ore che stai qui da noi. 

Una carta, un menù degustazione completamente vegetale e uno “segreto”


Francesco:
Sì questo è Incàlmo. Ha una carta che ruota leggermente meno della parte di menù degustazione perché si sta costruendo mano, mano, una sorta di lista di “piatti del cuore” che il cliente affezionato quando viene qui si aspetta. La parte degustazione invece, ruota quattro volte l’anno, una per ogni stagione sia per il menù vegetale sia per quello celato (che invece contiene prodotti animali). Sono entrambi due progetti che studiamo moltissimo e che ci richiedono una minuzia particolare ma allo stesso tempo sono la nostra firma, sono l’assenza di vincoli che ci permette di osare e perché no, anche giocare. 

Michele: E’ un lavoro di squadra la creazione del menù, un lavoro che io e Ricardo osserviamo ogni volta come spettatori e, quando necessario, come attento consiglio ma siamo un gruppo che si fida molto delle capacità di ciascuno quindi ci piace che sia un progetto tutto loro. La cosa forse più bella che è anche quella che mi sento di far conoscere al di fuori delle nostre mura è che il più dei feedback per questo o quel menù arriva dai nostri clienti che sono i primi a sentire l’esigenza di condividere con noi - e con gli Chef che escono in sala ad ogni servizio - le proprie sensazioni, gioie o perché no, anche critiche. Tutto qui è un continuo migliorarsi passo dopo passo perché arrivati forse non lo si è mai. 

Da dove arriva l’ispirazione per un lavoro così intenso che ogni anno vi richiede di voltare pagina ben quattro volte? 


Francesco
: Di nuovo credo che l’essere in due e soprattutto l’essere molto diversi faccia veramente tanto di questo processo che altrimenti sarebbe più complicato, forse più lungo e sudato. Io ad esempio parto dalla stagionalità, mi chiedo cosa ci sia ora nelle nostre terre e da lì provo ad immaginarmi qualcosa, a pensarlo. Altra cosa che mi stimola moltissimo sono i viaggi che faccio, cosa che mi piace molto inserire nei nostri menù. 


Leonardo:
Vedi, siamo diversi anche in questo. Io infatti sono molto influenzato dal mood in cui mi trovo in quel momento o in quel periodo oppure anche quello che vedo o sento gioca un ruolo cruciale nel pensare ad un menù, magari una mostra cui presenzio. Spesso poi capita che uno di noi due pensi ad una parte di piatto e che sia l’altro a completarla mettendoci quell’ingrediente o quella preparazione che altrimenti non sarebbe mai venuta in mente. Più o meno questo è il gioco. 

E sul perché di un menù degustazione interamente vegetale cosa ci dite? 


Francesco:
Ha una storia in realtà molto semplice e molto poco poetica. Arrivando tutti noi da esperienze di ristorazione di fascia alta eravamo abituati ad una presenza di vegetale, ma più come una sorta di risposta al pubblico che quella scelta la fa per una precisa decisione di regime alimentare alternativo. La scoperta qui da Incàlmo è invece che il menù degustazione Bocciolo - questo il suo nome - viene scelto da tantissimi clienti che spesso nemmeno si accorgono dell’assenza di prodotti animali e che ne restano entusiasti. Non capita spesso di riuscire a trovare un menù che metta al centro il vegetale come un vero protagonista del piatto e sapere che questo menù ci riesce beh, è una grande soddisfazione per noi e per il nostro lavoro. 

Un piatto simbolo di Incàlmo? 

Michele: Difficile rispondere, come ha ben detto Francesco alcuni credo stiano iniziando ad uscire ora. Quello che però posso dirti è che due cose non sono mai cambiate nel nostro locale: il nostro pane, burro e grissini e il finger food con cui apriamo ogni servizio: una tartelletta con maionese al timo, pepe nero e lievito di birra tostato. 



Che dire? Non fermatevi (solo) all’arredo minimal e di classe, non limitatevi ad osservare i bellissimi piatti proposti, non accontentatevi di essere spettatori di uno spettacolo orchestrato alla perfezione: scegliete di farne parte. 


Incàlmo
Viale Rimembranze, 1 - Este (PD) 
Tel. 04291761472 

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