A Lecce non è poi così facile trovare una buona cucina della tradizione. Lo sa bene chi prova a indicare una trattoria ai tanti turisti che affollano la città ma anche chi, più semplicemente, ha voglia di una tavolata con gli amici con piatti tipici realizzati a regola d’arte e, diciamolo, anche con il giusto rapporto qualità-prezzo. Sarà perché qualche locale storico ha chiuso battenti, altri hanno trasformato l’offerta culinaria virando verso la “creatività contemporanea” – che ci piace, ma con equilibrio – altri ancora hanno mediato verso un’omologazione tanto inevitabile quanto malinconica. L’offerta di cucina del territorio resta ancora piuttosto magra in città, più facile trovarla nei borghi e nelle campagne del Salento.


Un’insegna come Osteria di Lecce, quindi, rappresenta una vera risorsa di comunità, che va oltre il ristorante diventando riferimento, casa, “benedizione” – si colga l’iperbole ma neppure troppo. In pieno centro, tra l’iconica piazza Sant’Oronzo e piazza Mazzini, rispettivamente centro storico e commerciale della città, Francesco e Serena hanno dato vita a un piccolo gioiello di gusto che appaga i salentini e sorprende i viaggiatori. Francesco, giovane chef dalla già lunga carriera e dotato di solida tecnica, ha scelto di celebrare la tradizione senza voli pindarici ma – evviva – con attenzione per gli ingredienti, le cotture, gli abbinamenti. La sua contemporaneità non è nell’impiattamento – pur molto curato ma, per intendersi, senza “sbuffi” – e neppure nell’utilizzo di attrezzature all’avanguardia – la frittura è frittura, le lunghe cotture lunghe cotture e così via. Qui la contemporaneità sta solo nell’approccio, appassionato, di chi potendo cimentarsi in qualunque tipo di preparazione ha scelto di perpetuare quella delle sue origini. E allora, ode al diaframma (carne meravigliosa qui eseguita alla perfezione, con una grintosa e suadente salsa al pepe nero); alle orecchiette dalla consistenza impeccabile, in quel bel formato di media grandezza che accoglie il condimento come in un nido; al pesce di stagione che spunta ciclicamente nei fuori menu, oltre a quello sempre presente e giustamente giocato sulla reperibilità e su due must imperdibili: Polpo in pignata e Cozze gratinate; alle verdure stufate o saltate di una terra che nei vegetali ha trovato e sperimentato gran parte della sua storia gastronomica.


Noi abbiamo provato – ma si sarà colto che con quest’osteria e i suoi menu abbiamo confidenza enciclopedica – qualche solida e insostituibile voce del menu e qualche new entry che, indovinate un po’, ci ha conquistato.

Capitolo I: il Fritto.

Polpette, crocchette di patate, pittule, verdure in pastella. asciutto e croccante, ça va sans dire. Sia chiaro, qui c’è anche un ottimo fritto di mare, non perdetelo. Ma, se oltre alla freschezza degli ingredienti cercate sapori autentici un po’ perduti, non potete bypassare il fritto della tradizione, che vi riporterà ai ricordi d’infanzia oppure – se viaggiatori - vi farà scoprire un Salento inesplorato, mediterraneo con note di gusto che arrivano al Medioriente. Fusion? Nossignore. Quello della nonna: polpette con aglio, prezzemolo, ricotta “scante” (fermentata e piccante, tipica della tradizione), formaggio Gavoi (è sardo, sì, ma nel Salento, assieme al francese Rodez, ha trovato una nuova patria già nella seconda metà del secolo scorso). Un concentrato di gusto che manda in estasi le papille gustative e quello che pensavate di sapere sulla geografia del cibo. Crocchette di patate con mentuccia, alla salentina: il comfort food totale. Pittule e verdure – secondo stagione – in pastella, che seguono la regola scritta e orale del come si fa.

Capitolo II: Polpette di bollito.

Se avete provato le bitterballen olandesi già ne siete innamorati. Ma qui c’è, in più, lo stile mediterraneo a fare la differenza. Lo stile della “pulizia”. Cioè, commettete un peccato di gola, perché fritte, ma ricco di verdure, ben in vista e chiare al palato, con carne e zero salse. Un peccato a metà, su, che non vedrete l’ora di ricommettere.

Capitolo III: Sagne ‘ncannulate con ricotta e gamberi.

Qui si giocano tecnica – come per le orecchiette, la texture della pasta fatta in casa è favolosa – e gusto trasversale: un’ottima ricotta, un ottimo crostaceo. Come può non piacere?

Capitolo IV: Fave e cicorie con baccalà.

O meglio, “Baccalà cotto a bassa temperatura, ginepro e limone su fave e cicorie”. Di fatto, due piatti in uno. Completo, buonissimo, un mix di tecnica e tradizione buono tutto l’anno. Al dolce abbiamo rinunciato ma le specialità locali (cotognata e cupeta) e una delle specialità dolci di casa, il Tiramisud, sono da provare assolutamente


Osteria di Lecce, Via Liborio Romano, 37, 73100 Lecce 
Tel: 3275392935

Foto dell'archivio 2night del locale

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