Con Fiorella Perrone del Gambero Rosso abbiamo parlato del boom dell’agroalimentare e della cucina d’autore in Salento

Pubblicato il 20 maggio 2022

Con Fiorella Perrone del Gambero Rosso abbiamo parlato del boom dell’agroalimentare e della cucina d’autore in Salento

Negli ultimi anni l’ambizione per un giovane di diventare chef o comunque di entrare a far parte dell’olimpo dell’enogastronomia si sta mettendo sullo stesso livello di quello che una volta era il sogno di sfondare nel mondo del calcio. Il merito in parte è dell’overdose mediatica alla quale assistiamo quotidianamente, tra programmi tv, social network e personaggi pubblici che pongono sul tema costante attenzione. E se da un lato questa esibizione porta preziosa visibilità a prodotti e territori che meritano di essere valorizzati e promossi quanto più possibile, dall’altro solleva il rischio di abbagliare chi non è spinto da grande passione per un mondo tanto affascinante, quanto di sacrificio. 


Con Fiorella Perrone, responsabile dell’Academy Gambero Rosso di Lecce nonché professionista ed esperta di settore, abbiamo parlato di questo e molti altri argomenti, tra cui il boom dell’agroalimentare e la rivalutazione del Salento (e della Puglia a più ampio raggio) che sta avvenendo da diversi anni grazie al genio creativo di giovani e talentuosi chef, padroni di un’arte culinaria che strizza l'occhio al recupero delle tradizioni più autentiche.


Con quest'ultima affermazione non vogliamo far riferimento alla cucina tradizionale “della nonna”, quanto piuttosto alla realizzazione di nuovi e sorprendenti piatti che si basano sull’utilizzo di antichi prodotti che già appartenevano al territorio in tempi non sospetti. Ingredienti eccezionali per la loro unicità, valorizzati con giuste tecniche, estro creativo e influenze dal mondo.
Una cucina d’autore, piena di personalità e sapienza, in grado di stupire il palato e di farsi ricordare non senza un pizzico di commozione.

Intervista a Fiorella Perrone, responsabile dell’Academy Gambero Rosso di Lecce

Come ti sei avvicinata a questo mondo?

Scrivere di cibo e di vino non era un sogno d’infanzia e tanto meno ho frequentato master di scrittura enogastronomica. Il mio percorso universitario e formativo, infatti, mi vede ricercatrice di storia delle relazioni internazionali.
É stato veramente casuale che la mia passione per l’agroalimentare e l’enogastronomia diventasse una professione, complice anche una sindrome autoimmune che, provocandomi diverse allergie alimentari, mi ha spinto a fare ricerca su prodotti particolari e alternativi, metodi di cottura e influenze di cucine internazionali. Il gusto di mangiare bene, dunque, visto non soltanto per una esigenza corporea, ma per godere del piacere della tavola senza rinunciare a quello della condivisione.
Una ricerca alla quale in breve tempo si è aggiunto un secondo obiettivo: promuovere e raccontare a 360° la vocazione di un territorio tanto ricco ed eterogeneo come quello che viviamo.

Cosa significa mangiare bene?

Le accezioni sono molte, per cui mi limito a citarne due: gusto e sostenibilità.
Lavorando a stretto contatto con la ristorazione ho imparato a discernere un piatto fatto bene da uno al quale manca personalità: mangiare bene significa innanzitutto mangiare cose buone per gusto. Poi entra in campo un secondo aspetto imprescindibile, che per me e per molti fortunatamente è anche una mission, ovvero quello dell’etica, della sostenibilità, dell’eco compatibilità. E di solito questi due fattori vanno di pari passo.

Qual è oggi nello specifico il tuo ruolo per Gambero Rosso?

Da sei anni sono responsabile dell’Academy Gambero Rosso di Lecce, una delle 6 facilities del brand dislocate in tutta Italia (le altre sono a Milano, Roma, Napoli, Palermo e Torino).
Academy che oltre a proporre un'offerta di formazione multidisciplinare, corsi amatoriali, professionali e sul management del settore, si occupano di promozione e valorizzazione dell’enogastronomia dei territori.

Prima di diventare responsabile Academy, eri e sei tutt’ora redattrice. Ricordi il tuo primo pezzo?

Sì, era un articolo sui piatti di risulta realizzati con il pane in tutta Italia. Del resto abbiamo la fortuna di vivere in un Paese che si può raccontare attraverso il cibo sia dal punto di vista della produzione agricola e selvatica del patrimonio di biodiversità, sia dal punto di vista dei piatti della tradizione e poi dell’innovazione. Binomio, quest'ultimo, stupidamente abusato, perché ritengo che la cucina sia sempre innovazione.

Come definiresti la cucina salentina delle origini?

Amo definirla “vegana ante litteram” poiché, nonostante il territorio confini con due mari, le nostre ricette più antiche avevano come protagonisti legumi, formaggi ovini (di pecora) e tantissimi vegetali, prodotti perlopiù prodotti in arido coltura.
Una cucina povera di carne, dunque, data la mancanza di allevamenti, e di pesce, fatta eccezione per il pesce da zuppa, che portavano nell’entroterra i cosiddetti pitanti (quelli che andavano a piedi) legandoli a una fune.

La Puglia, e soprattutto il Salento, però, stanno piano piano diventando mete di riferimento anche per i gourmet alla ricerca del prodotto giusto e del ristorante stellato...

Quando arrivano le stelle c’è sempre un conseguente effetto mediatico importante e la trasformazione della percezione di questo settore è imputabile al lavoro di giovani e giovanissimi chef che, come anticipavo prima, hanno competenze e coraggio per recuperare l’autenticità e l’identità del territorio. A tal proposito confesso di essere estramamente affascinata dalle cosiddette rivisitazioni, che preferisco definire piatti non strettamente noti, ricchi di personalità, di studio e di amore per il prodotto.


Credo che non sia un caso che chi oggi sta mostrando un nuovo volto della cucina salentina, lo faccia principalmente con piatti che tanto hanno a che fare con fermentazioni. E che cos’è la ricotta ‘scante se non una fermentazione così simile a quelle praticate ad esempio in estremo oriente? É proprio questo recupero originale di prodotti che ci appartengono da sempre, unito a geniali contaminazioni, che sta dando sempre più prestigio a un territorio e a una cucina in passato spesso sottovalutati.
Ben vengano dunque i piatti della tradizione nelle osterie di qualità, così come altre forme di arte culinaria nate a s seguito di approfonditi studi e sperimentazioni. E finché entrambe le  possibilità continueranno a coesistere sul territorio, noi avremo svolto un ottimo lavoro.

Si parla tanto di km 0. Tu cosa pensi a riguardo?

É indubbio che la Puglia e il Salento possano contare su prodotti straordinari, ma così come tutta l’Italia. Ben venga laddove è possibile, ma non diventi una regola ferrea.
Piuttosto è bene avere la consapevolezza che ciascun territorio conferisce agli alimenti, che siano selvatici o che siano prodotti agricoli, delle caratteristiche specifiche uniche, che non si possono trovare in un altro luogo. Le cicorie del Salento, ad esempio, così buone esistono solo qui. 

Anche i contrasti di consistenze sono argomento dibattuto… ma nulla di nuovo in Salento. Giusto?

Esatto. In tv si parla tanto dell’importanza di dare a un piatto sia la consistenza morbida che la croccante che. Se ci pensi la ciceri e tria, ricetta povera antichissima, racchiudeva già tutto questo.

Un piatto che di recente ti ha fatto sognare?

Ad essere sincera non posso dirtene solo uno. Per fare qualche esempio straordinario, uscendo anche dalla regione, posso citare i cappellotti doppio umami di Francesco Apreda, la cacio e pepe in vescica di Riccardo Camanini (da mangiare a occhi chiusi), la carbonara di ricci di Cristina Conte, il cavallo sgombrato di Valentina Rizzo, la pasta aglio, olio e orata di Salvatore Carlucci, l’uovo poché con la bottarga di Maurizio Raselli, i piatti a base di quinto quarto di Domingo Schingaro e così potrei continuare a lungo.
Ci sono dei piatti che sono delle scoperte, delle epifanie, e che hanno la capacità di trasportarti in una condizione di estasi che effettivamente ti costringe a restare concentrata su quell'insieme di gusti anche per giorni. Piatti straordinariamente semplici e al contempo straordinariamente complessi.

Si apre la stagione estiva e con essa ritornano i grandi eventi firmati Gambero Rosso. Attesissimo l’ExtraVergine Tour, che arriva a Lecce domenica 22 maggio. Puoi darci qualche anticipazione?

Con Gambero Rosso finalmente – dopo un lungo stand by dovuto alla pandemia - siamo riusciti a dedicare un mese intero, quello di maggio, all’olio extra vergine di oliva, organizzando un tour attraverso lo Stivale che porta alla scoperta dei migliori prodotti italiani. Partito due settimane fa a Torino, arriverà a Lecce domenica 22 maggio dopo le tappe di Milano, Roma e Napoli.


Durante tutta la settimana, inoltre, ristoranti ed enoteche del Salento collaboreranno con Gambero Rosso nella promozione di questi preziosi prodotti, realizzando ricette o degustazioni mirate a valorizzarne le caratteristiche organolettiche.
Un evento che avrà le stesse caratteristiche e le stessa importanza degli eventi che solitamente vedono protagonista il vino (Tre Bicchieri Gambero Rosso), proprio per riconoscere all’olio la stessa dignità. Durante la serata non mancheranno amici e produttori che cureranno degustazioni di prelibatezze food&wine. Dove? Al Chiostro dei Domenicani dalle 18.30 in poi.
Tutti i dettagli, gli aggiornamenti e gli eventi futuri li trovi qui: www.gamberorosso.it

Immagine di copertina di Viviana Martucci
Immagini interne di Daniele Coricciati e di Gambero Rosso Academy Lecce

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  • INTERVISTA

scritto da:

Laura Sorlini

Vanta un’esperienza giornalistica competente e versatile maturata in anni di redazione. Appassionata di enogastronomia e turismo e sommelier, è alla continua ricerca di aspetti ed eventi da raccontare nelle rubriche che cura periodicamente per alcune delle più autorevoli riviste di settore.

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