Il Wine&Cocktail bar e ristorante di Paese dove abbiamo provato profumi e sapori difficile da dimenticare

Pubblicato il 12 dicembre 2024

Il Wine&Cocktail bar e ristorante di Paese dove abbiamo provato profumi e sapori difficile da dimenticare

Della mia ultima cena da Magazzini del Grano ho amato tutto. Dall’accoglienza informale e garbata dello staff, capitanato da Davide Peretto, responsabile di sala e titolare, alla cucina impeccabile, opera della brigata guidata da Francesco Durigon, cuoco e secondo socio dell’attività. Vi racconto la mia esperienza enogastronomica nel locale di Paese dalla doppia identità, wine&cocktail bar e ristorante ricercato: una sinfonia di profumi e sapori difficile da dimenticare.

Il palcoscenico


Entro nella sala ristorante (una delle due, a cui si aggiunge una sala più ampia al primo piano, per feste ed eventi) e mi sento già a mio agio mentre mi accomodo sul divanetto che percorre tutta la parete lunga della stanza. Un mix armonico di elementi retrò, si veda il soffitto travato e la pavimentazione in graniglia colorata, ed elementi moderni, si veda la mise en place, minimale e semplice.

Il benvenuto


Per ingannare l’attesa prima di iniziare la nostra cena (sì, ho mangiato in compagnia), ci viene servita al tavolo una piccola entrée, una ciotolina con il burro salato da spalmare sul pane in accompagnamento, rigorosamente fatto in casa: un sofficissimo paninetto al carbone vegetale, due varianti di pane bianco, baguette e mantovana, i grissini di grano duro e i gustosi crostini aromatizzati al rosmarino. La combo pane e burro mi ha portato alla memoria le colazioni di quando ero bambina, ma con quel tocco di sapidità squisitamente moderno che mi ha riportato nel presente, per ricordarmi che siamo solo all’inizio.

Primo atto

Lo chef ha scelto per noi due antipasti a base di tartare, un uramaki rivisitato all’italiana e una tartarina affumicata con il tartufo fresco.


Il primo piatto, una gioia già solo per gli occhi, colorato e intrigante. Il grande classico della tradizione giapponese ci viene proposto in versione carne: otto roll ripieni di tartare di manzo e avocado, avvolti nell’alga nori, ricoperti da una nevicata di cipolla fritta e sesamo nero e con topping di mango. La salsa di soia, servita a parte, ha dato una spinta in più al piatto, bilanciato ma saporito al tempo stesso, grazie all’amalgamo equilibrato degli materie prime.


Non facciamo in tempo a trovare gli aggettivi per descrivere l’uramaki che già tocca alla tartare affumicata, servita sotto a una cloche e scoperta al tavolo. È proprio in questo gesto che il piatto rivela il processo di affumicatura a cui è sottoposto e che Davide ci ha spiegato nei dettagli. Il fumo che esce da sotto la cloche si dipana nell’ambiente, avvolgendoci come in un caldo abbraccio che profuma di legno. Il sapore del tartufo, lievemente affumicato e non troppo intenso, fa da contraltare alla freschezza della carne di manzo che quasi si scioglie in bocca. Un contrasto di sapori solo apparente che si riappacifica boccone dopo boccone, il risultato della precisione meticolosa dei tempi di affumicatura, affinati dopo tante prove, e della scelta delle materie prime.

Secondo atto

È con i primi piatti che la cena entra nel vivo. Anche qui, un bis invernale capolavoro, tortelli e risotto.


Mi sono letteralmente tuffata nella pasta fresca, con ripieno fatto in casa di radicchio e ricotta, o, meglio, nella spuma di formaggio arricchita dallo speck croccante da cui i tortelli facevano a malapena capolino. So che può sembrare poco elegante, però non sono riuscita a resistere e ho fatto anche la scarpetta. Un primo piatto delicato ma con un retrogusto più deciso, merito delle briciole di speck.


A seguire, il risotto alla Madeira con fonduta di Mimolette e battuta di manzo, guarnito con una riduzione del vino portoghese. Un tripudio di colori che mi ha fatto pensare allo chef come a un giovane Pollock della cucina. Ma veniamo ai sapori: dapprima, la dolcezza del formaggio francese dalla caratteristica colorazione arancione, accentuata dalle note intriganti e dolciastre del vino, poi, il gusto morbido della carne. Ne avrei mangiato ancora? Sì, ma dovevo lasciarmi un po’ di spazio per l’ultimo piatto.

Terzo atto


Eccoci al gran finale, la picanha argentina alla griglia, servita con contorno di patate arrosto e radicchio cotto. Un secondo piatto che nasconde tutto la sua bontà nella qualità della materia prima, la carne, acquistata in una macelleria di Meolo, e presentato in maniera semplice ed essenziale, per lasciare spazio al sapore avvolgente della carne, morbidissima.

La colonna sonora: i vini

Nella scelta dei vini ci siamo completamente affidati alle competenze e all’esperienza di Davide e di Omar, barman e attento conoscitore della cantina. Abbiamo accompagnato l’entrée con una bollicina, un Cremant d’Alsace AOC Extra Brut, spumante alsaziano equilibrato, delicato e fresco, che ci è bastato anche per l’uramaki. Per la tartare, invece, ci siamo spostati su un rosso morbido, ideale anche di accompagnamento ai primi, un Carmenère, rosso intenso alla vista, fruttato all’olfatto, giustamente tannico al gusto. Con la picanha, invece, io scelgo il Nobile di Montepulciano, dal gusto forte e intenso, che con la carne rossa ci va a nozze, mentre il mio ospite sceglie il Troj, un blend di Merlot, Refosco e Schioppettino, più leggero e beverino.

Il gran finale


Siamo sazi e felici, ma un posticino per il dessert c’è sempre. Ci viene servita la selezione di dolcetti della casa, nulla a che vedere con i soliti. Procedendo in senso orario, il brigadeiro al cioccolato fondente, un tartufino cioccolatoso della tradizione brasiliana, poi il bocconcino di crema pasticciera fritta, croccante fuori e soffice dentro; gel alle pere e crumble di banana; e, infine, il mio preferito, la mousse al dulce de leche, come crema al mascarpone che sa da caramella mou, davvero speciale. Il saluto finale di una cena da stand ovation!

Magazzini del Grano
Piazza Quaglia, 18 - Paese (TV)
Telefono: 04221783376
 

  • CENA BLOGGER
  • RECENSIONE
  • RISTORANTE DI CARNE

scritto da:

Annalisa Toniolo

Abitudinaria e noiosa, a tratti eccentrica e briosa: bipolare, forse. Quella dell’aperitivo delle 18.30 spaccate nel solito posto, ma anche quella che, nel cenare due volte nello stesso locale, ci vede un’occasione sprecata. A dieta, sempre, ma solo dal lunedì al venerdì.

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