Sapore, storia e seduzione: il mio pranzo all'Antica Trattoria Poste Vecie
Pubblicato il 23 dicembre 2025 alle 12:00
Varcare la soglia dell'Antica Trattoria Poste Vecie e accomodarsi nella Sala dei Vizi Capitali è come attraversare un portale del tempo. L'emozione va a braccetto con la salivazione, e il cuore batte forte: sto per mangiare nello stesso luogo frequentato da Giacomo Casanova, al quale qui è dedicato addirittura un menu-degustazione.
Si respira immediatamente l'anima di un locale che ha fatto la storia di Venezia, secolo dopo secolo, gestione dopo gestione. La famiglia D'Orfeo lo custodisce da trent'anni, i fratelli Fabio e Diego da una dozzina, e sono riusciti nell'impresa di farne un luogo amato soprattutto dagli italiani, oltre che da stranieri con palato fino e fiuto per la qualità. Un risultato notevole a Rialto, dove la tentazione della cucina mordi-e-fuggi per masse turistiche è sempre dietro l'angolo.

Ma bando alle ciance, e lasciamo che siano i sapori a raccontare la storia. Il primo approccio è con un assaggio d'olio extravergine "Famiglia Olivini" del Garda, frutto di una selezione di cultivar tipiche come Casaliva, Frantoio e Leccino. L'olio riporta sensazioni di erbe aromatiche e un delicato profumo di mandorla. Lo degusto con la focaccia fatta in casa con farina manitoba, e comprendo subito che questa è solo la prima delle specialità firmate da chef Salvatore che sto per scoprire.
Si prosegue con un'amouse-bouche che è già una dichiarazione d'intenti: focaccia scottata, velata di burro montato delle Dolomiti e acciuga. Mentre la bocca si riempie dei veraci sapori della mia terra veneta, Davide, il braccio destro carismatico di Fabio e Diego, mi prepara teatralmente a un pranzo che sarà "tutto un programma", come dice lui con un sorriso complice: "Io sarò Casanova, e lei il mio commensale".

Inizia quindi la degustazione con un trio di ostriche che è un viaggio nella laguna stessa. L'ostrica mignon della laguna di Goro si presenta particolarmente saporita, un concentrato di mare che sfida con carattere le sue dimensioni ridotte. L'ostrica del Doge, prodotto verace di Pellestrina, è più classica e minerale, un tributo alla tradizione. Ma è l'ostrica rosa della Laguna di Scardovari a stupirmi: una novità che porta in bocca sfumature inattese, delicate e raffinate. Ad accompagnare questo mare in tavola, un Conegliano-Valdobbiadene DOCG che mi riporta con orgoglio alle bollicine della mia terra.

Il prosieguo è altrettanto notevole, se non di più: una sontuosa rivisitazione dei tradizionali scampi alla busara. In un bicchiere da cocktail, infatti, ecco delle mazzancolle alla busara, ricoperta da una spuma soffice di patate imprezosita con bottarga di muggine. Servito in questo modo particolare, che invita a raccogliere tutti gli ingredienti insieme, il piatto ne valorizza il tripudio di sapori e consistenze. Ogni cucchiaio è un'esplosione di mare e terra, e sottolinea la bravura della brigata di cucina guidata composta da chef Salvatore, Raffaele e Ruben.
L'abbinamento con un calice di Bardolino rosé biodinamico, firmato Villa Calicantus, risulta anch'esso azzeccato: un rifermentato in bottiglia dalla beva "pericolosa", che scorre via con i suoi sentori di pompelmo e arancia rossa.

Quindi arriva il momento più emozionante: il primo piatto per antonomasia della cucina veneziana, i bigoli in salsa. Un piatto che porta con sé secoli di storia della Serenissima, poiché rimanda a quando il clero del ghetto ebraico, nei periodi di "digiuno" liturgico, chiese ai cuochi della Comunità di estrarre dalle più povere, magre ma diffuse materie prime lagunari qualcosa di molto facile da preparare. Molto facile, e, incidentalmente, buonissimo...

Qui, tra queste mura cariche di memoria, i bigoli si rivelano nella loro essenza più autentica. Per innaffiarli, Davide sceglie con cura un calice "Madre" di Italo Cescon: un Manzoni biologico dall'equilibrata acidità, capace di farmi sentire davvero a casa, come se fossi seduto alla tavola di famiglia in una domenica qualunque, eppure straordinaria.
Come secondo piatto, mi gusto invece un bel trancio di ricciola fresca accompagnata da radicchio rosso su purea di cavolo viola, un piatto che gioca con i colori e i sapori del territorio con eleganza. Il tutto servito con un calice di "Capitel Foscarini" della cantina veronese Anselmi, un vino aromatico e fresco dai profumi minerali con un pizzico di esotico.

Infine, il momento della verità, un atto di coraggio da parte del ristorante, specie con me che sono trevigiano: il tiramisù espresso, preparato al momento davanti ai miei occhi. Lo osservo mentre viene scenograficamente composto da Davide, notando nella sua mano ferma una punta di timidezza, che cela elegantemente con consumato savoir-faire. A dispetto dei possibili pregiudizi, il risultato è cremoso, equilibrato, con il giusto contrasto tra l'amarezza del caffè e la dolcezza del mascarpone. Un finale che sigilla un pranzo memorabile.

Uscendo dall'Antica Trattoria Poste Vecie, mi trovo quindi a riflettere sul mio pranzo, un po' come il sole fa sul Canal Grande.
Ho attraversato secoli di storia veneziana, assaporando la passione di chi custodisce e rinnova una tradizione senza tradirla; ho sentito pulsare l'anima autentica di Venezia in ogni piatto, in ogni calice, in ogni sorriso.
Casanova sarebbe fiero di sapere che, dopo tanti secoli, questo luogo continua a sedurre i suoi commensali con lo stesso amore di un tempo.
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Con lo pseudonimo di Kintor racconto da anni i miei intrattenimenti. Sport e hi-tech gli amori di gioventù; mentre oggi trovo che viaggiare alla ricerca di culture, gusti e sapori della terra sia la cosa più bella che c'è. O magari la seconda, via.
San Polo 1608, Venezia (VE)