Solaika Marrocco, chef-chiromante di Primo Restaurant a Lecce

Pubblicato il 4 dicembre 2020

Solaika Marrocco, chef-chiromante di Primo Restaurant a Lecce

Ritorno a Lecce, ritorno al futuro. Alle volte ciò che sarà sembra precedere ciò che già è stato. Succede quando qualche volto giovane e fresco raccoglie consensi di pubblico e di critica degni di un veterano. La vetrinetta dei trofei che l'ospite di oggi ha fatto suoi, in effetti, è già stracolma: Miglior Chef Emergente per Gambero Rosso, Miglior 30 Under 30 per Forbes Italia, Premio Birra Moretti Grand Cru 2017. Stiamo parlando di Solaika Marrocco, chef di Primo Restaurant a Lecce.

Ciao Solaika, benvenuta sulle pagine di 2night. Se ti lasciassi carta bianca per iniziare questa intervista, come proveresti a definirti?
Perseveranza è una parola che mi descrive perfettamente. Un buon aforisma che sembra fatto appositamente per me è di Zig Zagler e dice: “your attitude not your aptitude, will determine your altidute” (il tuo atteggiamento, non la tua attitudine, determinerà la tua altitudine).

Passiamo (purtroppo) all'attualità. Come ti tieni occupata in questo periodo difficile? 
Pensare positivo è la mia terapia d’urto. Questo è il diktat, il filo conduttore del mio secondo lockdown, che mi porterà a ciò che sarà non appena ci permetteranno di ritornare alla base. Esser padroni dei propri spazi è bellissimo ma questo non significa volere sempre tanto tempo libero... così come il non trovarsi fisicamente al ristorante non significa necessariamente non svolgere il proprio lavoro. Impiego semplicemente il tempo che prima dedicavo alle preparazioni della linea e al servizio, in altro. 


Ad esempio?
Curo l’orto, studio un progetto in divenire a marchio Primo, penso alle novità del prossimo menu, mi confronto con i colleghi, sto assieme alla famiglia... insomma faccio tutto quello che fa bene, a me e alla mia professione. 
 
Famiglia è anche la squadra molto affiatata che avete creato al Primo ristorante.
Già. È una vera famiglia. Ciò che ora mi manca è il tempo passato fisicamente con loro, con voi, colleghi e ospiti, senza che ci sia necessariamente uno schermo di cellulare di mezzo. Il contatto umano, il potersi guardare comprendendosi al volo non ha prezzo. Non vedo l’ora di portare tutta me stessa all’interno della cucina di Primo. Per il momento mi godo il tempo che ho a disposizione, perché sono sicura che una volta messo piede in cucina il tempo volerà, come lo è sempre stato, soprattutto in quest’estate. 


Adesso facciamo un viaggio nel passato alle radici del gusto di Solaika.
Mi batte forte il cuore ogni volta che ricordo le uscite per la spesa con mamma. Lungo il tragitto c’era un panificio che attirava la mia attenzione, un posto magico dal quale non riuscivo a staccare lo sguardo. Pensa un po’, in quello stesso posto sono andata a lavorarci (o meglio, a dare una mano, visto che avevo solo dieci anni). Mi fermavo dopo scuola e ci rimanevo fino a quando non diventava buio. Quella è stata la prima volta in cui ho tastato il sacrificio dietro questo mestiere. Ho tastato il sacrificio leggendo le mani stupendamente ‘’scritte dal lavoro” del maestro panificatore. Mi sentivo una chiromante, forse era la magia della farina.

Cosa ti ha rapito (e cosa continua a rapirti) della cucina? 
Della cucina mi ha rapito praticamente tutto. Cucina è passione allo stato puro, è stimolo continuo, è responsabilità, soprattutto. Ho sempre pensato che cucinare per qualcuno sia uno degli atti d’amore più antichi e sinceri che ci sia. È come se il cliente, prenotando, si affidasse completamente a noi. È un ”noi” che sottolineo perché fare ristorazione vuol dire dare un’idea di team, d’insieme, senza fronzoli, senza primedonne. Cerchiamo costantemente di anticipare le esigenze della clientela proponendo un’identità sempre più definita della nostra offerta. Certo, questo comporta tanto tempo da dedicare allo studio, alla sperimentazione, al costante aggiornamento.

A proposito dello studio, quanto è importante?
Lo studio è fondamentale. Non si finisce mai di imparare. Prendere consapevolezza delle proprie capacità e conquistare gli obiettivi prefissati serve solo ad alzare ulteriormente l’asticella, sfidando noi stessi ad una partita di scacchi infinita. Ad una certa ti accorgi che l'alternarsi di estati e di inverni non è altro che l'avvicendarsi di stagioni della tua vita, diverse fra loro, certo, ma tutte da affrontare sempre con la stessa determinazione, passione, onestà. Cambiano solo le consapevolezze.


L'estate è la stagione per eccellenza del Salento. Considerazioni sparse su quella del 2020.
La stagione estiva appena trascorsa non ha precedenti, abbiamo avuto un incremento che ci ha lasciato a bocca aperta. Ci siamo concentrati esclusivamente sulle esigenze e la cura degli ospiti. Sentivamo di doverci impegnare per loro con ancora più dedizione rispetto a prima. Abbiamo realizzato che in un periodo storico tremendo, ci stavano dedicando il loro tempo e le loro disponibilità economiche, e se da una parte sentivamo di meritarci tutto quell'affetto, dall’altra un gigantesco senso di riconoscenza ci ha spinto a dare il 200% di noi stessi. 

Scommetto che questo sentimento popolare che nasce da meccaniche divine (citaz. gratuita di Battiato) ha scatenato quella sorta di trasfert che ha portato loro a sentirsi letteralmente a casa nel tuo ristorante e te a scambiarti il domicilio con ciascuno di loro. 
Può essere, il tutto è avvenuto in maniera naturale e spontanea. Il nostro motto era: Testa bassa e poche chiacchiere, sempre, se non quelle necessarie per il comfort dei clienti. 

Un'estate fantastica, dunque, seppure "insolita".
Saremmo irrispettosi nei confronti dei tanti colleghi che purtroppo non hanno più riaperto se non fossimo grati per la stagione passata. Vorrei dire a tutti, soprattutto a quelli che stanno lottando con tutte le forze contro questo oceano che scorre in direzione ostile: vi sono vicina. È in questi casi che il fattore umano smette di essere una piuma nel vento e si fa calore, si tramuta in rapporti umani, si trasforma in amicizia. Io sono qui.

  • INTERVISTA

scritto da:

Mario Pennelli

Annata 1988. Cantastorie professionista, consulente enogastronomico per hobby, sommelier per volere del fato. Ha scritto tre libri che glorificano la sua Patria, la Puglia. Da allora è in tour permanente, come i Rolling Stones o Albano, per raccontarla, permettendo così ai forestieri di scoprirla e agli indigeni di ri-scoprirla.

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