Cocktail report 2024 rivela la top 10 dei drink più bevuti al mondo. Due sono made in Italy

Pubblicato il 6 settembre 2024 alle 07:00

Cocktail report 2024 rivela la top 10 dei drink più bevuti al mondo. Due sono made in Italy

Negroni da record: per il terzo anno il cocktail più bevuto al mondo. Ecco quali sono gli altri classificati.

Dal 1967 Drinks International è il magazine dedicato al mondo del beverage: i drink più venduti, gli andamenti dei brand, i trend e tutte le novità del settore a livello globale. È grazie al suo Cocktail report annuale se siamo sempre sul pezzo anche in materia mixology.

Lo sapevi che…?

Tra gli oneri del Drinks International, c’è quello di condurre un sondaggio tra i cocktail bar più premiati per stilare la classifica dei drink più richiesti. Quello che non ci saremmo aspettati è di collezionare un altro primato: per la terza volta consecutiva, al primo posto c’è proprio un classico della mixology tricolore.

La top 10 dei cocktail più amati

Decimo classificato: Moscow Mule


All'ultimo posto della top ten, secondo le ricerche del Drinks International, si piazza il Moscow Mule.
Non lasciatevi ingannare dal suo nome, perché non ha nulla a che vedere con Mosca!
Questo drink riconoscibile sin dalla tazza in rame dove viene servito, nasce negli anni Quaranta a New York dall’unione della Vodka Smirnoff (all’epoca poco popolare per via del diffuso risentimento nei confronti dell’Unione Sovietica) e dell’innovativa ginger beer hollywoodiana.
​Il decollo della sua fama è dovuto anche grazie alla partecipazione di un giovane Woody Allen alla campagna di comunicazione della Smirnoff, tra gli anni Cinquanta e Sessanta.

Nono classificato: Paloma, quello messicano 


Nell’America del Sud va forte il Paloma: il mix di soda al pompelmo, tequila, succo di lime e un pizzichino di sale conferiscono al cocktail il caratteristico sapore fresco e beverino.
L’ideale per combattere l’afa estiva.

Ottavo classificato: Aperol Spirtz, quello delle vacanze italiane


Comunemente associato al tipico aperitivo all’italiana, l’Aperol Spritz è il cocktail che colora le tavole già allegre sparse per lo stivale, con una maggiore prepotenza nelle piazze di città d’arte e località turistiche…a tutte le ore del giorno!
Nel giro di una ventina d’anni, quello che era un drink rituale in territorio veneto, si è diffuso a macchia d’olio conquistando tutto il mondo. Complice anche la campagna pubblicitaria del Campari Group, dal 2003.
Il suo aspetto aranciato suggerisce a prima vista la gradevolezza del suo sapore fresco e leggero, legato alla denominazione low alcool (attualmente sulla cresta dell’onda nel mercato del beverage).

Settimo classificato: Dry Martini, quello iconico


Iconico, raffinato e tosto (tanto da fare, quanto da smaltire!): il cocktail associato all'agente segreto più acclamato del Cinema è il settimo classificato nella top ten della mixology.
Bastano gin e vermouth dry. Facile, direte… ma non secondo l’International Bartenders Association (IBA) è il più complesso da riprodurre.
La giusta proporzione dei due ingredienti è di 6 a 1 e da lì non si scappa.
Se poi la temperatura al servizio esce dai parametri prescritti, il cocktail è rovinato.
Parte immancabile dell’esperienza Dry Martini è l’oliva, con cui giocherellare un po', agitandola, per poi stuzzicarci il palato tra un sorso e l’altro.

Sesto classificato: Whiskey Sour, quello ingannevole


Se il suo nome compare oggi al sesto posto della classifica dei cocktail più amati, nel 1862 godeva già di grande fama al punto da apparire nel mitico “How to Mix Drinks” di Jerry Thomas.
Un sour semplice ma pretenzioso, per quanto riguarda le attenzioni richieste per la sua esecuzione.
Non basta unire a sentimento bourbon e succo di limone! Un buon Whiskey Sour, infatti, seppure ottimo come base per variazioni di gusto, dev’essere perfettamente equilibrato per risultare gradevole.
Il tocco estetico da aggiungere a piacimento è la schiumetta di albume o la più delicata magic velvet.

Quinto classificato: Daiquiri, quello elegante


Rum, lime e zucchero: anche la nascita di questo cocktail caraibico è frutto di pure ipotesi.
Si dice che i padri del Daiquiri fossero due ingegneri americani, appassionati di miscelazione.
Certo è che il punto di partenza della loro sperimentazione ben riuscita è il Whisky Sour, a cui avrebbero tolto l’ingrediente principale per sostituirlo con il più amabile rum.

Quarto classificato: Espresso Martini, quello energetico


Di origine londinese, l’Espresso Martini nasce negli anni Ottanta dall’estro del grande bartender Dick Bradsell, per esaudire la richiesta di una modella dall’identità misteriosa (presumibilmente Naomi Campbell).
Le indicazioni sono due: un cocktail eccitante, che porti infine a un totale rilassamento.
Tra gli eccitanti più efficaci, il barman opta per il caffè e la vodka (allora in voga), ai quali aggiunge della Kahlua e Tia Maria.
Nel periodo d’oro dell’iconica coppa Martini, non poteva che servirle il drink proprio su questa coppetta di cristallo.

Terzo classificato: Margarita, quello dissetante


Le sue radici sono talmente poco chiare da lasciare largo spazio alle leggende: pare che il primo Margarita risalga agli anni Trenta, sulla scia del Daisy, un sour aromatizzato al succo di limone o lime, con liquore all’arancia.
Con i suoi sentori agrumati, il Margarita è un cocktail rinfrescante che nasce dall’unione di tequila, triple sec e succo di lime.

Secondo classificato: Old Fashioned, quello tradizionalista


L’Old Fashioned è un must del mondo della miscelazione.
Il merito gli viene riconosciuto già nel lontano 1948 dall’avvocato e divulgatore di mixology David Embury, tra i Six Basic Cocktail nel suo libro “The Fine Art of Mixing Drinks”.
Concepito nel tardo Ottocento, si contraddistingue dal panorama in evoluzione per la semplicità delle sue preparazioni “alla vecchia maniera”: la ricetta originale prevede whiskey o bourbon, una zolletta di zucchero e qualche goccia di bitter... on the rocks.

Primo classificato: Negroni, quello cosmopolita



Nasce nel 1919 a Firenze dallo sfizio di un conte cosmopolita, Camillo Negroni.
Galeotti furono i suoi viaggi londinesi e newyorkesi, che lo introdussero al gin.
Da lì, il lampo di genio in una drogheria italiana e la prima richiesta nella storia della mixology di rincarare la dose di un semplice Americano con il distillato di ginepro.
Il cocktail battezzato con il suo cognome comincia a conquistare estimatori d’ogni dove, fino a guadagnarsi la fama come drink più amato al mondo dal 2021 ad oggi.



Se è vero che negli ultimi anni la tendenza è quella di prediligere cocktail low alcool o alcool free, il Cocktail Report del magazine più popolare dell’industria beverage è qui a dimostrare come l’arte della mixology sia ormai una questione culturale, con radici solide e butti sempre nuovi che partono proprio da dove tutto è iniziato.
C'è tutto un mondo da scoprire dentro a quei calici e bicchieri che hanno fatto la storia. Pensateci: l'happy hour da momento puramente godereccio può davvero diventare una nuova occasione per esplorarlo e conoscerlo, sorso dopo sorso, fino all'ultima goccia.
E allora, viva l'aperitivo!
 
Qui il Cocktail Report 2024 di Drink International.
 
Foto di copertina di Rachele Zattarin per 2night. Un cocktail di Pot Still (Este). 
 

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scritto da:

Micol De Pisi

Nata e cresciuta nella terra dell’Arte e della Cucina per eccellenza, eccomi qua! Un’esteta golosa, 100% italiana, sempre affamata di Bellezza e di nuove succulente avventure. Amo la calma dei monti, ma vivo nella frenesia e nella mondanità della città.

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