Un ristorante fatto d'amore. La definisce così, Metjon Dedja, la sua Osteria del Corso, fiorita al posto del locale dove ha lavorato per sei anni e diventata un appuntamento consueto di chi vive e lavora in zona, ma anche una piacevole scoperta per i turisti. Clientela quanto mai eterogenea, che però apprezza all'unisono la cucina, l'atmosfera e il servizio. Ci siamo fatti raccontare da "Met" il suo sogno realizzato.  E perché funziona.

Cosa rende Osteria del corso un posto speciale?
Potrei dirti la qualità dei prodotti, l'originalità della proposta, l'impostazione di un servizio accurato ma disinvolto. Ma ciò che rende unico il nostro ristorante è il senso di famiglia, al di là dei rapporti di parentela. Siamo persone che lavorano assieme da anni e quando siamo qui non sentiamo il peso del lavoro, ma il piacere di un posto dove stiamo bene e stiamo bene assieme. Perciò lavoriamo volentieri e col sorriso, l'impegno quotidiano non è uno sforzo per quanto possa essere faticoso, per quanto si sacrifichi il tempo in famiglia nei giorni di festa. 


Vi trovate nel cuore della Firenze rinascimentale e più turistica. In tal senso, spesso l'abbinamento "ristorante-centro" fatica ad abbattere i luoghi comuni. Cosa ne pensi?
In tanti pensano che il centro sia solo per i turisti ed erroneamente si ritiene che qui non si faccia ristorazione di qualità, rifuggendo il centro. E, aggiungo, perdendosi esperienze interessanti. Per quanto ci riguarda, il richiamo per far tornare o venire i fiorentini in centro è la qualità: dei prodotti, della cucina, del servizio.

Quali sono i punti di forza, in dispensa?
Lavoriamo con grandi aziende che sono nel mondo della ristorazione da oltre cinquant'anni, dal cibo al caffè, che non è scontato trovare di qualità. I nostri ospiti devono andare via soddisfatti di tutta l'esperienza, sia a pranzo, sia a cena.


Qual è il feedback?
A pranzo lavoriamo soprattutto con gente del posto, residenti o lavoratori della zona, che rappresentano il 90 per cento degli ospiti. Tantissimi sono i fiorentini, clienti storici del posto che hanno apprezzato il nuovo concept del locale. Di sera invece la clientela è prevalentemente turistica. Ma non è certo una colpa, anzi: siamo contenti di piacere a persone di provenienza e gusti diversi.

Un piatto che si mangia solo qui?
Direi gli spaghetti alla chitarra al cacao con nocciole tostate, timo, spinacino e stracciatella. Io faccio la pasta, mio fratello elabora ricette nuove. Fra le novità abbiamo anche l'uovo a 63°C con fonduta di pecorino toscano e tartufo nero.

Sapori tradizionali, piatto moderno...
Si, fotografa un po' il nostro concept. Un po' come l'ambiente che lega tradizione e modernità, dal parquet ai lampadari di Fiesole. Ma non disdegniamo proposte classiche, come le pappardelle al ragù di cinghiale maremmano.


Qual è il complimento più bello ricevuto e quale il consiglio che avete raccolto?
Il complimento più gradito è quello che arriva da persone del mestiere, di un certo livello, che apprezza sia la cucina sia il servizio, professionale ma amichevole, cerchiamo di far sentire a casa i nostri ospiti. Il consiglio è quello che mi è arrivato da uno chef di Roma è stato quello di ridurre il numero delle proposte sul menu, per poter sveltire il servizio. 

Cosa vuol dire fare ristorazione a Firenze, oggi?
Io ho scelto di fare questo mestiere e faccio ristorazione puntando su diversi valori: qualità, gentilezza, educazione. Verso chi entra e verso chi non entra. Già all'esterno cerchiamo di essere gentili, per trasmettere l'idea che qui dentro trova umanità e un ambiente amichevole.

Se dovessi consigliare a chi non conosci di venire a Osteria del Corso, cosa diresti?
Che è un ristorante fatto d'amore. E' un sogno diventato realtà. E quando capita questo ci metti dentro tutto te stesso, ogni giorno. 


 

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