Il ristorante che è diventato rapidamente una delle punte di diamante dell'alta cucina jesolana
Pubblicato il 11 settembre 2025
Due anni possono sembrare pochi nella vita di un locale ma quando si tratta di una realtà giovane e in rapida ascesa come il Jolà, ambizioso ristorante del J44 Lifestyle Hotel, questo lasso di tempo può rappresentare un'intera era evolutiva. Tornare oggi in quello che è diventato rapidamente una (se non "la") punta di diamante dell'alta cucina jesolana significa assistere a una crescita costante, a un laboratorio creativo sempre in movimento. Il Jolà che ho ritrovato dopo due anni dalla mia ultima visita rimane infatti lo stesso nella sua essenza innovativa, ma oggi appare completamente trasformato nella sua maturità espressiva, con una consapevolezza tecnica e una visione culinaria che testimoniano un percorso di crescita straordinario.

La mia serata qui è iniziata nel modo più suggestivo possibile: al sesto piano dell'albergo, sulla terrazza del rinnovato Tacco 11. Questo skybar ha da poco abbracciato una filosofia che parla direttamente al cuore dell'ospite moderno: drink "zero waste" e mixology d'eccellenza. Mentre il sole tramontava sull'Adriatico, ho potuto così apprezzare una carrellata di cocktail che non erano solo bevande, ma vere e proprie opere d'arte liquide. Ogni sorso raccontava una storia di sostenibilità e creatività, con la vista (anzi, le viste) davanti a me a rendere l'esperienza ancora più memorabile.
La transizione dall'aperitivo alla cena è stata come passare da un preludio a una sinfonia completa. Scendendo al pianterreno, ho immediatamente avvertito l'energia rinnovata del Jolà, dove chef Sander Wildenberg e la sua brigata stavano per regalarmi una delle esperienze culinarie più intense degli ultimi tempi.

Prima ancora di approcciare il menu degustazione, ho potuto apprezzare l'attenzione maniacale ai dettagli che caratterizza questo ristorante. La panificazione racconta già una storia: grissini al pomodoro e origano che profumano di estate, cracker di semi 100% che croccano sotto i denti, pane sfogliato al burro di Normandia che si scioglie in bocca, e una pagnotta semi-integrale al lievito madre che parla di tradizione e pazienza.
Gli amuse bouche sono stati un vero e proprio viaggio sensoriale. Il fiore di zucchina con ricotta ed erbette di laguna ha aperto le danze con una delicatezza che sapeva di territorio, mentre la tartelletta al pomodoro con pesto di erbe miste e curd di pomodoro ha catturato l'essenza dell'estate veneta in un solo boccone. Particolarmente memorabili il bignè craquelin con zucchine alla scapece e nasturzio, e quella sorprendente combinazione di polenta e baccalà che ha reso omaggio alla tradizione locale con una presentazione completamente contemporanea.

L'ombrina cruda di pescato locale ha aperto il percorso culinario con una freschezza disarmante. Il chutney di mango e la salsa iodata, insieme alle erbette selvatiche di Sant'Erasmo, ben armonizzate all'insegna di un delicato contrasto fra sapori marini e note esotiche. Quello che colpisce di chef Wildenberg è proprio questa capacità di far dialogare il territorio con influenze orientali, frutto del suo "zainetto della vita" fatto di Olanda, lunghi viaggi in Oriente e oltre 15 anni di esperienza nel Belpaese.
La "Tendenza vegetale" con tartare di pesca, cetriolo carosello, anguria e pomodoro nasone è stata una rivelazione. Questo piatto dimostra come la cucina vegetale possa essere protagonista assoluta, con la crema di datterino giallo e la spuma di pomodoro con olio di verbena che hanno elevato ingredienti semplici a livelli davvero interessanti.
La capasanta di Caorle con curry giallo e cremoso di anacardo ha rappresentato poi il perfetto equilibrio tra mare Adriatico e sapori orientali, mentre il cipollotto di Tropea, servito sia marinato che crudo, ha aggiunto quella nota piccante che ha esaltato la dolcezza del mollusco.

Il raviolo di tonno è il piatto che forse meglio in assoluto rappresenta la filosofia del Jolà. Il tonno ikejime dell'Adriatico, frollato per 20 giorni per ottenere un sapore più intenso e una carne più morbida, dimostra come la pazienza e la tecnica possano trasformare un ingrediente già eccellente in qualcosa di straordinario. Il ripieno fatto con la carne della testa di tonno cotta alla brace e il teriyaki di cortile mi hanno restituito un'armonia di sapori che difficilmente dimenticherò.
La faraona ha chiuso i piatti principali con una presentazione che parlava di territorio e mare insieme. Il petto marinato e scottato, la coscia farcita con mazzancolla nostrana e la tartare di mazzancolla condita con olio di sesamo ed erba cipollina hanno dimostrato come chef Wildenberg sappia valorizzare ogni parte dell'ingrediente. La salsa Goa, preparata con una ventina di spezie e cocco, ha completato un piatto che era un vero e proprio viaggio sensoriale.

Un puntualissimo, immancabile pre-dessert a base di brunoise di melone, cocco e sorbetto di passionfruit e olivello spinoso ha preparato il mio palato per il gran finale: il dolce "AdA", con albicocca, cioccolato dulcey e cremoso di arachide, esplosione di design e piccolo capolavoro di pasticceria destrutturata, che ha chiuso il mio sontuoso percorso con eleganza e originalità.
Non proprio chiuso, anzi: c'è rimasto spazio per la piccola pasticceria della casa, un omaggio all'Italia e alle sue tradizioni: dal petit four pugliese al pistacchio al cannolo siciliano, passando per creazioni più moderne come il macaron mango e passionfruit, o la kombucha mela verde e limone.

Anche il nuovo maître e sommelier, Cristian, è riuscito a stupirmi, dimostrando coraggio, disinvolura e maestria nella selezione degli abbinamenti. Dallo champagne rosé brut Lallier che ha accompagnato l'aperitivo, passando per il Grattamacco Bolgheri vermentino e il collio bianco Edi Keber, ogni vino è stato scelto per esaltare i sapori dei piatti. Particolare menzione per la ribolla gialla "Cru Selection" di Marjan Simcic e il "Vecchio Samperi" perpetuo di Marco De Bartoli, un raro gioiello della tradizione marsalese pre-britannica.
A rendere ulteriormente speciale il Jolà non è solo la qualità della cucina, ma anche l'approccio al servizio. Come mi ha spiegato lo stesso Wildenberg, l'obiettivo è essere completi nella spiegazione senza mai risultare invadenti "La professionalità viene sempre prima di tutto, ma senza mai dimenticare che l'ospite è qui per rilassarsi e divertirsi", dice chef Sander. La squadra, cucina e sala unite, sono così affiatate da saper creare la giusta atmosfera per una serata memorabile.

Il Jolà è sempre più un degno rappresentante di ciò cui l'alta ristorazione italiana dovrebbe tendere: rispetto per il territorio, apertura alle influenze internazionali, sostenibilità, tecnica impeccabile e, soprattutto, passione autentica. Chef Wildenberg e la sua brigata hanno creato qualcosa di forse unico oggi a Jesolo, un ristorante che guarda al futuro senza dimenticare le proprie radici.
Questo è un luogo dove l'alta qualità e la sostenibilità non sono solo parole, ma una filosofia di vita che si sente in ogni piatto, in ogni sorso, in ogni gesto del servizio.
E io non vedo l'ora di tornarci per scoprire come continuerà ad evolversi questo vero e proprio gioiello di ristorante.
Jolà Emotional Cuisine
presso J44 Lifestyle Hotel, Via Dante Alighieri, 46 - Lido di Jesolo (VE)
Telefono: 3802485128
scritto da:
Con lo pseudonimo di Kintor racconto da anni i miei intrattenimenti. Sport e hi-tech gli amori di gioventù; mentre oggi trovo che viaggiare alla ricerca di culture, gusti e sapori della terra sia la cosa più bella che c'è. O magari la seconda, via.
Via Dante Alighieri 46, Jesolo (VE)