Ci è particolarmente piaciuto parlare con Massimiliano la scorsa primavera, e allora abbiamo deciso di tornare a farci una chiacchierata. Massimiliano è anima, cuore e cervello del progetto El Réfolo, un ormai ben noto street bar alla veneziana nella gioiosa Via Garibaldi, che non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. Dal carattere focoso, con tanta voglia di raccontare, Massimiliano ci accoglie con l’ormai solito sorriso e cordialità.

L’altra volta ci hai raccontato tanto dei “dietro le quinte” di “El Réfolo”… ma non ci hai più detto perché si chiama così!

È una lunga storia… Inizialmente cercavo un nome veneziano che non legasse troppo il locale all’offerta economica o alla mia persona. Per esempio se l’avessi chiamato ”sardea” (sardina) non avrei potuto gestire i cambi di offerta nel momento in cui il mercato avesse espresso necessità diverse dalla tipica osteria veneziana. Réfolo significa “folata” e quindi mi è piaciuto molto il concetto del vento che porta profumi da lontano, e che allo stesso tempo è anche stato il principale propulsore delle navi che per secoli hanno portato mercanzie da tutto il mondo. Un significato quindi più ampio che mi avrebbe quindi permesso di modificare l’offerta se negli anni si fosse reso necessario.

Però “El Réfolo” è anche il titolo di un’opera teatrale vero?

Sì, è il titolo di una commedia teatrale veneziana scritta da Amelia Rosselli. Una donna veramente speciale, una mosca bianca nel panorama teatrale di fine Ottocento, all’epoca quasi esclusivamente maschile, tant’è che la prima rappresentazione di “El Réfolo” è avvenuta nella Parigi delle avanguardie!. In questa commedia il significato attribuito a “réfolo” è quello di elemento in grado di generare un cambiamento. Non violento, non come un tornado, ma bensì una piccola folata che innesca un meccanismo, una sorta di “Butterfly Effect”. Alcuni cari amici convengono che proprio il “mio” Réfolo
abbia dato l’avvio a un certo modo di fare accoglienza in Via Garibaldi. So bene che non
è così, ho semplicemente avuto la capacità di interpretare il cambiamento in atto ed è
davvero successo tutto nel momento giusto, ciò nonostante sono convinto che questo nome mi abbia realmente portato fortuna!

E quindi come hai vissuto il fatto che negli ultimi anni in Via Garibaldi hanno aperto così tanti nuovi locali? In che rapporto sei con la concorrenza?

Bella domanda questa perché io sulla “concorrenza” ho una mia  visione… Non credo molto nei modelli basati sulle ‘esclusive di zona’ ovvero una sorta di distanza di rispetto tra due attività simili, che offrono prodotti simili. Io credo molto invece in un modello per certi versi opposto. Quest’ultimo prevede che in una determinata area ci siano numerosi soggetti che svolgono la stessa attività, ovvero che producono la stessa cosa o che svolgono il medesimo servizio. Basti pensare al successo di note aree geografiche dove si sono sviluppate competenze specifiche come la lavorazione dell’oro, dei coltelli e perfino della sedia!
Quindi l’unione fa la forza, ma è vitale condividere i valori e la qualità, coordinarsi nelle iniziative comuni, creare un un’offerta corale che permetta a una zona intera di farsi conoscere e di diventare meta e destinazione per chi questa qualità e questa offerta la cerca!


Via Garibaldi, o “Via G”, come la chiamano le nuove generazioni, io me la sogno come una di quelle vie di New Orleans (forse solo di qualche decennio fa) fatta di piccoli negozi, piccoli locali e musica live in ogni angolo.Ovviamente è una visione utopica ma per me è certo che questa Via (l’unica appunto “Via” in Venezia) ha un enorme potenziale nel settore
dell’accoglienza. Ribadisco però che è vitale che ognuno dei gestori coinvolti riesca a mettere a fuoco e quindi a esprimere con forza la propria identità. Da un punto di vista strategico, dovremo attuare i concetti propri di quella che si definisce “coopetition”, una fusione tra i termini “cooperation” e “competition”. In pratica, dobbiamo collaborare tra locali (cooperazione) per portare i nostri potenziali clienti/ospiti in Via G, e poi una volta che i nostri clienti/ospiti saranno qui, ognuno dovrà giocarsi da solo la propria partita (competizione) in base alle proprie caratteristiche.

Quindi nel concreto come si manifesta questa “coopetition”?

Un esempio recente è sicuramente il successo della serata del Redentore. Pochi ingredienti, ma estremamente efficaci, fatti di promozione condivisa, intrattenimento musicale deciso e organizzato insieme e anche di una certa complementarietà nell’offerta food e drink. A oggi posso dirmi molto soddisfatto della collaborazione che c’è con diversi colleghi, e anzi, con qualcuno di loro sto già parlando di realizzare un’associazione o comitato per gestire e scongiurare i potenziali pericoli che un’area ricreativa di successo può generare.

Alludi al disturbo della quiete pubblica o qualcos’altro?

I pericoli sono davvero tanti, mi preoccupa la perdita di identità e di genuinità: in molte aree della nostra amata Venezia abbiamo assistito alla sostituzione delle attività più tradizionali con gli operatori del business della ricettività, nazionali ed esteri, interessati solo ai profitti generati dalla quantità più che dalla qualità dell’offerta ristorativa. Poi mi riferisco anche al fatto che il nostro risulta essere un settore alquanto bistrattato, nonostante la presenza di professionisti seri e appassionati, e molti anche di nuova generazione. Siamo spesso accusati di sfruttare i turisti e incuranti della quiete dei “cosiddetti” residenti, e sottolineo “cosiddetti” proprio perché non è raro che tra coloro che invocano alla chiusura delle attività serali ci siano soggetti non più facenti parti del tessuto produttivo della città. Parlo di individui dalle laute pensioni che mercificano la città attuando una speculazione immobiliare per mezzo di affitti commerciali spesso insostenibili o trasformando gli appartamenti in bnb, sottraendo possibilità di alloggio a chi qui ci viene per lavorare! E, in aggiunta, comprano tutto online, contribuendo ad affossare definitivamente gli esercizi di vicinato. Chissà, forse il sogno di molti di loro è quello di una città/albergo fatta di negozi che vendono souvenir, supermercati con cibi precotti e bar/ristoranti del tutto anonimi…. E poi alle ore 23:00 tutti a nanna!
Scusa lo sfogo, tornando alla domanda, una forma di associazione tra genuini e appassionati professionisti del settore non può ovviamente essere la soluzione a tutti questi mali, ci vuole ben altro! Ma nel nostro piccolo può essere un primo valido strumento per sensibilizzare e cominciare a far capire l’importanza di quello che siamo e facciamo. In me resta quindi viva la speranza di non consegnare Via Garibaldi al triste destino che hanno già subito altre aree della nostra amata Città.

El Réfolo
Via Garibaldi 1580 a Castello - Venezia

 

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