Intervista ad Umberto Cantele, l'imprenditore salentino che si divide tra famiglia, mercati internazionali e sport

Pubblicato il 17 novembre 2022

Intervista ad Umberto Cantele, l'imprenditore salentino che si divide tra famiglia, mercati internazionali e sport

La storia della cantina Cantele di Guagnano (LE) inizia con il nonno Giovanni Battista Cantele che commerciava vini salentini in Veneto negli anni ’50 e da allora tutte le generazioni successive si sono dedicate al mondo del vino, sempre con uno sguardo molto aperto sul mondo.
Umberto, figlio di Domenico Cantele, si occupa soprattutto della parte commerciale in Europa e negli altri mercati internazionali.



A che punto della sua storia è l’azienda Cantele? È un’azienda familiare che sta attraversando le generazioni, quindi immagino che il futuro dell’azienda sia un argomento che è nei vostri pensieri

Il primo vero grande cambiamento noi l’abbiamo vissuto nel 1993. Fino ad allora l’azienda vendeva a Lecce, Bari, un po’ in Germania e Usa ma era un’azienda di ridotte dimensioni in cui i sacrifici di papà (che seguiva la parte finanziaria) e di zio Augusto (enologo che divideva le sue giornate tra produzione e commercializzazione) permettevano di andare avanti con non poche difficoltà.

Nel 1992 un importatore inglese era alla ricerca di nuovi partner in Puglia e in Sicilia ritenendo che queste due regioni fossero dei terrori con un ottimo potenziale vinicolo da far conoscere al mercato inglese. Scelsero noi in Puglia e da quel momento la nostra storia intraprese un percorso fatto di crescita, sviluppo e cambiamento che ebbero un impatto sul nostro modo di lavorare e sulle nostre stesse vite. Da imbottigliatori diventammo produttori (il 1993 è l’anno della nostra prima vendemmia), i piccoli volumi diventarono milioni di bottiglie ma soprattutto entrammo in contatto con competitors da ogni parte del mondo e questo ci permise di imparare un nuovo modo di lavorare innescando un cambio di passo e di mentalità facendoci aprire dal locale al globale.

Ora, per tornare alla tua domanda, quando gli inglesi venivano in Salento, oltre ai convenevoli, la prima cosa che chiedevano era: “ma i ragazzi cosa vogliono fare?”. Loro avevano un modo di ragionare che guardava oltre al momento presente e favorevole e si preoccupano di capire cosa ne sarebbe stata dell’azienda che si teneva sostanzialmente sulle spalle di zio Augusto.

La stessa domanda la facevano a noi ma la risposta non era scontata: noi in realtà non ci sentivamo costretti a fare quella scelta e pur respirando quel clima, nessuno ci ha mai detto “sbrigatevi a scegliere perchè noi abbiamo fatto tanti investimenti”. Ci hanno sempre lasciati molto liberi e senza pressioni.

Sono passati 30 anni e ora ci troviamo a pensare alla prossima generazione, con lo stesso approccio di libertà ma con un’azienda che è profondamente cambiata da allora. Lavoriamo su 30 mercati, ci sono molti prodotti in più e più solidità anche grazie agli investimenti e i sacrifici fatti da tutti.
A questo vanno aggiunti questi due anni e mezzo di pandemia che ci hanno fatto anche ripensare a cosa mettere al centro di tutto e quindi ripensare a noi stessi non solo come titolari di azienda ma anche come persone con altre passioni e necessità, in un confronto molto aperto e libero. Dal quadro che uscirà capiremo come impostare il futuro dell’azienda e le modalità di accesso della prossima generazione per una sana e condivisa gestione del futuro.


Dal tuo osservatorio sui mercati esteri, dopo il COVID si percepisce un cambiamento o è ritornato tutto come prima?

Dal nostro punto di vista il 2020 è stato un anno ovviamente fuori dal comune ma che con qualche scelta fuori dalla nostra confort zone siamo riusciti a portare a casa senza grossi danni. Il 2021 è stato per noi un anno di crescita in cui abbiamo fatto il fatturato più alto di sempre e il 2022 viaggia su ulteriori incrementi rispetto all’anno scorso. Solo che ora ci sono avvenimenti globali così impattanti che vanno ad incidere non su uno o due Paesi, ma su tutti e quindi, ad esempio gli aumenti delle bollette ricadono su di noi, sui nostri clienti e sui consumatori finali. Questo però non credo che possa incidere in maniera massiccia sui consumi perché in fondo siamo animali pigri e piuttosto che fare cambiamenti totali, ci adattiamo come ci siamo adattati a passare mesi chiusi in casa. Quindi in fin dei conti io continuo ad essere positivo.

Poi sta anche aumentando la cultura del vino e il modello di consumo sta virando verso dei prodotti meno ovvi perchè si ha più voglia di provare cose diverse ed è un meccanismo che vedo in tutta Europa.

Una fenomeno comune che ho riscontrato nella ristorazione però è la carenza marcata di personale. A Malta molti locali stanno chiudendo per questo motivo, in Inghilterra è lo stesso, aggravato dalla Brexit. Molti stanno riducendo le giornate di lavoro da 6 a 3 giorni a settimana.

Invece rispetto ai gusti dei prodotti percepisci cambiamenti da parte dei consumatori?

Si dei cambiamenti in atto ci sono. In primo luogo adesso la Puglia è riconosciuta: o meglio, a livello italiano è più conosciuto il marchio Salento mentre nel resto del mondo si parla di Puglia come brand. In fondo viviamo in un territorio facilmente identificabile, il tacco dello stivale è la cosa più semplice da individuare sul mappamondo e quando giri per il mondo promuovendo il tuo vino questo è un modo fantastico per iniziare una conversazione. Il Primitivo oggi è un passe-partout in tutti i mercati ma dobbiamo fare attenzione a non sprecare questa varietà banalizzandone il gusto. Come detto il consumatore è più consapevole, compra sempre meno “per sentito dire” ed è alla continua ricerca di nuove storie, di nuovi gusti e di nuovi prodotti. Sta a noi raccontare la nostra peculiarità come territorio senza snaturare la nostra identità.


Ultima domanda: come fai a conciliare il mondo del vino e i tuoi viaggi in giro per il mondo, con la tua nota passione per lo sport?

La verità è che è molto più facile di quel che possa sembrare. Io ho sempre fatto sport: calcio, ciclismo, full contact. Poi ad un certo punto il metabolismo cambia e nel 2011, con lo scopo di rientrare in un vestito per un matrimonio a cui dovevo andare, decisi di mettermi a correre e non mi sono più fermato. Quest’anno ho fatto una ultra-maratona di 100 chilometri, ad esempio. E continuo anche con il triathlon, il nuoto, la bicicletta. Ma la verità è che che mi piace lo sport ma mi piace ancora di più mangiare e soprattutto mi piacciono tantissimo i dolci. Per me la colazione è sempre al bar con il pasticciotto.
Lo sport per me è una valvola di sfogo e se all’interno di una giornata di 24 ore, me ne prendo una per fare qualcosa che mi fa stare bene, migliora anche il mio modo di lavorare e di essere padre, marito, amico. L’importante è che non diventi una ossessione altrimenti si perde tutto il beneficio che può dare.

Cantele Winery - Via Baldassarri, Guagnano (LE). T: 0832705010

  • BERE BENE

scritto da:

Mariachiara Minoia

Sono nata in Salento sotto il segno del vino ma poi ho scoperto anche la birra e il gin. Ho iniziato a cucinare a 7 anni e da allora non ho più smesso. Tutto questo è diventato un lavoro: sono Consulente di Marketing e Comunicazione Enogastronomica ma sono anche assegnista di ricerca presso l’Università del Salento. Amo scrivere, viaggiare, leggere e camminare ma non contemporaneamente.

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