8 panini che raccontano la Milano dei bar storici

Pubblicato il 10 novembre 2025

8 panini che raccontano la Milano dei bar storici

Milano ha molte voci, ma forse nessuna è schietta e onesta come il rumore di un coltello che affonda in una rosetta imbottita. Oltre i grattacieli lucidi e le insegne gourmet, esiste una Milano resiliente, quotidiana, che resiste al bancone di bar storici. Qui il panino è un pasto veloce ma anche un microsaggio di storia e sociologia racchiuso in due fette di pane.
Quella che segue è una mappa gastronomica sentimentale, un viaggio attraverso otto indirizzi che hanno codificato il panino milanese. Sono luoghi che incarnano l'urgenza e l'efficienza della città, ma che al contempo ne custodiscono la lenta memoria.

Il pane quotidiano e la leggenda popolare

Per molti milanesi, il panino non è un lusso, ma una certezza, un’àncora gettata negli orari impazziti della vita cittadina. Due locali, in particolare, sono diventati icone di questa resistenza del gusto popolare: il Bar Quadronno e il Bar Crocetta.


Bar Quadronno (Via Quadronno 34) è una vera e propria leggenda metropolitana, il prototipo della paninoteca che non teme le mode. Aperto dal mattino alla tarda notte, è l'istituzione che ha saputo attraversare decenni mantenendo inalterata la sua identità "di quartiere". Entrare qui significa immergersi in un'atmosfera dove convivono studenti, nottambuli e manager in cerca di un sapore familiare. I suoi panini sono generosi, non badano alla posa ma alla sostanza.

Quadronno è la prova che un panino non ha bisogno di fronzoli per diventare un cult: gli bastano pane fragrante, ingredienti onesti e la capacità di essere lì, sempre disponibile.


Sulla stessa linea, ma con un'anima più legata al comfort food senza compromessi, c'è Crocetta (Corso di Porta Romana 67). Conosciuto semplicemente come il "Bar della Crocetta", è l'emblema del panino abbondante e dal gusto deciso, il cui successo si fonda sulla sua assoluta, quasi arrogante, semplicità. È il pit stop prediletto da chi tornava tardi da teatro o da chi aveva bisogno di una ricarica energetica. La sua forza è l'equilibrio quasi alchemico degli ingredienti, mai avari. Crocetta è un monumento alla democrazia del gusto: il panino è popolare, ma la sua esecuzione è sempre impeccabile. È il simbolo di come la sostanza possa essere il miglior biglietto da visita di un locale.

L'artigianato, l'intuizione e la dignità gastronomica

Se Quadronno e Crocetta rappresentano la resistenza, De Santis e Galiano incarnano l'intuizione e l'artigianato, i luoghi dove il panino è diventato una vera e propria composizione gastronomica.


De Santis (Corso Magenta 9) è un punto di svolta cronologico cruciale. Nasce negli anni Sessanta, un periodo in cui Milano, nel pieno del boom economico, aveva un bisogno urgente di un "pasto veloce ma saporito". I fondatori di De Santis, con un'intuizione geniale, trasformarono un semplice negozio in un laboratorio. Qui, il panino divenne, di fatto, un marchio di qualità.

De Santis ha fatto scuola perché ha codificato la ricetta del panino. Non più un'improvvisazione, ma un'architettura: il tipo di pane, la quantità di burro, l'ordine degli ingredienti, l'abbinamento (spesso audace, ma sempre vincente). De Santis è l'asse perfetto per narrare come, nel dopoguerra, il panino sia passato da soluzione d'emergenza a pasto con una sua precisa dignità gastronomica.


Questa filosofia si ritrova, con un tocco ancora più intimo e tecnico, da Panini Galiano (Via Carlo Ravizza 5). Aperto dal 1974, Galiano è il tempio dell'artigiano del panino. Qui, la misura non è la quantità, ma la tecnica: la temperatura degli ingredienti, la sapienza del taglio della carne, la composizione delle salse.

Galiano è il luogo ideale per un'immersione tecnica. Si parla di lievitazioni che cambiano con l'umidità, di come il calore debba scaldare il pane senza cuocere il salume, e dei piccoli, quasi invisibili, trucchi che distinguono l'ordinario dallo straordinario. Galiano è anche il simbolo della ramificazione della cultura del panino al di fuori della cerchia del centro storico, dimostrando come anche le periferie (o almeno, quella che una volta era periferia e adesso di certo no)  possano custodire perle gastronomiche di assoluto rigore. La sua storia è un omaggio alla disciplina della semplicità, dove ogni ingrediente è trattato con rispetto filologico.

L'ascesa: il panino diventa gourmet e guarda al business

Se De Santis ha dato la dignità al panino, un altro nome ne ha sancito l'ingresso nel firmamento dell'alta gastronomia: Panino Giusto.


Fondato nel 1979, Panino Giusto è stato il progetto che ha trasformato l'imbottitura da snack a piatto. Non è il classico bar anonimo, ma un format che ha elevato il panino a dimensione quasi da bistrot, ponendo l'attenzione su concetti fino ad allora riservati alla ristorazione fine dining: filiera, stagionalità e cura delle cotture. Panino Giusto ha codificato l'approccio gourmet, lavorando con produttori selezionati e trattando l'ingrediente con la stessa serietà di un piatto elaborato. Ha professionalizzato l'arte del panino, inserendolo in un discorso di gusto più ampio. Panino Giusto serve a illustrare perfettamente come un'intuizione popolare possa evolversi in un modello di business e di qualità replicabile.

Il panino come specchio culturale, movida e servizio urbano

Il panino non è solo ingredienti; è anche contesto, pausa, e una sedia sulla quale poggiare le fatiche della giornata. Questi quattro indirizzi completano la mappa della Milano più autentica, quella che lega il cibo alla storia, al lavoro, al quartiere... e alla notte.

Il Bar Magenta (Via Carducci 13) è, senza dubbio, il centro nevralgico e mai sopito della Milano notturna e studentesca. Aperto nel 1907, è un'istituzione che ha visto la nascita della Milano da bere, ha attraversato l'epoca dei paninari e resiste oggi come un'àncora nel cambiamento. Nonostante non sia famoso per un'unica, codificata ricetta gourmet, i suoi panini e i suoi toast hanno nutrito generazioni di professionisti e nottambuli.

Bar Jamaica (Via Brera 32) è un monumento alla cultura milanese. Aperto nel lontano 1911, è il classico "Bar degli Artisti," un salotto informale che ha ospitato intere generazioni di intellettuali, fotografi e bohémien. Anche se il Jamaica non è rinomato solo per il panino, il suo valore è eminentemente simbolico. Sedersi qui per un pasto veloce significa partecipare a cent'anni di storia milanese, assorbendo l'atmosfera creativa del quartiere di Brera. Il panino al Jamaica è un pretesto per sedersi nel cuore della storia culturale della città.

Spostandoci nel cuore nevralgico degli affari, incontriamo I Panini della Befi (Via Beccaria 4). La sua reputazione si basa sulla qualità immediata e sull'equilibrio perfetto per la pausa pranzo milanese. In un'area ad alta densità lavorativa, il panino della Befi diventa un'istituzione quotidiana: rapido, soddisfacente. Inserirlo nella narrazione permette di affrontare il legame indissolubile tra il panino e la quotidianità del lavoratore milanese, dimostrando che il comfort food può essere anche veloce e di qualità.

Il rito, la memoria e il futuro

Raccontare questi nove luoghi attraverso i loro panini significa, in fondo, raccontare l'intera storia di Milano. Dalle urgenze del dopoguerra all'elevazione del gusto contemporaneo, ogni panino è una piccola lezione di storia e sociologia: è il modo più diretto per misurare come Milano si nutre — letteralmente — della propria memoria.

Questi indirizzi offrono uno spaccato ampio e onesto: dai banchi dove si è sperimentato il panino come pasto veloce negli anni Sessanta (De Santis), ai luoghi che ne hanno elevato l'imbottitura a piccola cucina di qualità (Panino Giusto). Sono la prova che l'innovazione non risiede solo nei piatti stellati, ma anche nella caparbietà di conservare un rito semplice, rendendolo ogni giorno, ancora, memorabile.
Il panino milanese è, e resta, il sapore della resistenza, il profumo inconfondibile di una città che, anche quando corre veloce, sa ancora fermarsi per un momento di autentica, deliziosa, sostanza.

In copertina: Galiano.

  • SPENDO POCO E MANGIO BENE
  • VITA DI QUARTIERE

scritto da:

Alessia Manoli

Giornalista enogastronomica con il cuore nel calice e la penna nel piatto. Assaggiatrice di vino e olio EVO, racconto sapori, storie e territori. Collaboro con testate di settore e, quando viaggio, traccio percorsi tra cantine, trattorie e ristoranti autentici, sempre alla ricerca del bello e del buono

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