Vista mozzafiato e cucina fusion tra i Colli e l'Oriente... la mia cena in una villa pazzesca dove il gioco di squadra è una cosa seria!

Pubblicato il 17 giugno 2024

Vista mozzafiato e cucina fusion tra i Colli e l'Oriente... la mia cena in una villa pazzesca dove il gioco di squadra è una cosa seria!

Potrei dirti che, visto che era la seconda volta che andavo a trovare Andrea e Paolo Cortellazzo nel loro Come in Corte Aurora, potevo effettivamente aspettarmi una cucina così raffinata e delle trovate così divertenti. Davvero, potrei raccontare una food experience semplice, raccontarti la loro cucina, la loro storia e del nuovo team che si muove dietro ai fornelli. E invece no, perché ci troviamo davanti ad una di quelle cucine che puoi soltanto vivere e in cui le parole diventano riduttive perché il progetto che si nasconde dietro a Come in Corte Aurora è più unico che raro.


Ad accogliermi in sala è Paolo: è lui che ormai si occupa di accogliere gli ospiti, facendo da vero e proprio filo conduttore tra il lavoro della cucina e il racconto che deve arrivare al tavolo. Paolo è un ex rugbista e da questo capisco già quanto sia abituato al gioco di squadra e quanto sia consapevole del fatto che il ruolo del singolo sia in realtà fondamentale per la buona riuscita di un progetto, in sala come in campo da rugby. E’ sempre Paolo raccontarmi che, al piano inferiore della villa in cui si trova il ristorante, c'è un piccolo laboratorio dove ci si trova con il team per creare i piatti che vengono poi utilizzati per alcune preparazioni che ci verranno servite. 


Partiamo subito con un pinzimonio evolutivo. Abbiamo un vasetto di terracotta all'interno del quale è stata inserita una spuma di taleggio con dei porcini e una finta terra di grano saraceno, mela e lenticchie. All'interno, troverai una carotina o una bietolina piccolissime, raccolte ad appena un giorno dalla semina. Ti dico che troverai una delle due perché ogni vasetto è diverso e sono create proprio per darti questa sensazione di aver raccolto tu stesso quello che andrai a mangiare. Già da questo inizio capisco quanto si divertano i nostri chef, Marco e Claudio Mandara (sì: altri due fratelli in cucina!) e i ragazzi che si muovono in sala e in realtà è proprio questo il segreto di un posto così: Come in Corte Aurora non vuole metterti in imbarazzo o a disagio ma, appena varcata la soglia, capirai immediatamente che il posto incantevole altro non è che lo scrigno di una creatività e di una capacità di mettersi all'ascolto del cliente che non conosce eguali. 


Forse, è riduttivo definirlo così ma si tratta di un progetto giovane, nato in un contesto come quello dei Colli in cui si pensa che il tempo in realtà si sia fermato e invece si riesce a creare una cucina fuori dal coro, fresca e vibrante. Torniamo un attimo a questo vasetto, perché mai e poi mai avrei pensato di poter mangiare con le mani proprio qui. E’ un gioco che parte dalla cucina, dove si usano le mani per le preparazioni, e arriva al cliente: un racconto fatto di sensazioni che si svolge a distanza di qualche metro dalla cucina ma che arriva prepotente fino alla sala e al quale non potrai dire di no. 


Agli amuse bouche credo (illusa!) di aver toccato il punto più alto dell'idea di fusion di Come in Corte Aurora. Devi sapere che gli chef Marco e Claudio sono di origine romana e hanno deciso di mettere tutta la loro tradizione e la loro passione al servizio di come in Corte Aurora. Ecco perché arriva al tavolo il Picchiapò, ovvero un assaggio di bollito con cioccolato extra fondente. È sempre Paolo a spiegarmi che si tratta in realtà di una ricetta di recupero della tradizione romana, dove appunto si riproponeva il bollito, magari avanzato del giorno prima, battuto sul tagliere per poter diventare più morbido. L'aggiunta del cioccolato extra fondente ovviamente è un'idea degli chef e rende questo bollito davvero speciale. Stai pensando alla cosa più buona che hai mai mangiato? Ecco, di più. Il bollito è caldo, croccante fuori, ma burroso dentro e senti i filamenti di una carne che è stata cotta alla perfezione per rendere la materia prima estremamente soffice e in grado di sciogliersi al palato.


Insieme al picchiapò arriva anche la polpetta della nonna che mi fa subito pensare alla domenica in casa con i parenti, tra colori e profumi che fanno subito infanzia. In fondo, come in Corte Aurora è anche questo: una tradizione familiare che è stata capace di rinnovarsi e di passare il testimone ai componenti più giovani della famiglia, senza per questo perdere il forte legame con il proprio passato e con la voglia di fare bene che distingue la famiglia Cortellazzo. 


Torniamo alla nostra polpetta. La croccantezza è data dal pane ma il sugo è un abbraccio, dolce e carezzevole come solo un sugo fatto in casa sa essere. Sotto la polpetta, hai uno strato di grana che chiude il boccone, saporito ma sa sempre di infanzia e di coccola. La polpettina è il comfort food e, presentata in questo modo, diventa la chiave di lettura perfetta per la cucina di Come in Corte Aurora: semplice solo in apparenza, ricca di sorprese ma con un forte richiamo alla tradizione. 


E’ Andrea ha raccontarci gli abbinamenti dei vini scelti per questo nostro percorso. A queste prime portate abbiamo affiancato uno spumante italiano, fratelli Cherubini, metodo classico. È una piccolissima azienda naturale e biodinamica che crede nell'idea che l'uomo sia il mezzo per trasformare qualcosa che esiste già, ovvero una materia prima di qualità che aspetta soltanto di rivelarsi. Una produzione di appena 6000 bottiglie, 48 mesi, affinamento su lieviti con una chiara nota ossidata e affumicata che va a dare il massimo risalto alle portate di carne.


Tra gli ingredienti che non possono mancare nella cucina padovana e, in particolare, nella tradizione dei Colli, abbiamo sicuramente la gallina. Qui, viene presentata in tre consistenze. Da una parte, abbiamo un pan brioche con un patè di fegatini di gallina e cipollina agrodolce. Il pan brioche, leggermente speziato, stempera una parte di interiora che potrebbe sembrare aggressiva e, anche per me che non sono un'amante delle interiora, posso dirti che si rivela un bocconcino ben proporzionato nei suoi sapori e che per questo non ti infastidisce ma, anzi, prepara la lingua all'assaggio successivo.

La gallina sfilacciata ha una sua parte delicata che viene accesa dal sapore del mandarino cinese e una consistenza che si scioglie in bocca ma a vincere è il sapore agrumato che regala un twist in chiusura e rende questo assaggio una danza di sapori. Nello stesso boccone troviamo anche pinoli e uvetta, che danno una nota di croccantezza e che ti riportano alla tradizione italiana, nonostante la contaminazione data dagli ingredienti orientali. Questo è uno dei tratti distintivi della cucina di Come in Corte Aurora, dove sono proprio Paolo e Andrea ad amare la cucina fusion e a volerla portare nella loro ricerca culinaria.

Per ultimo, un brodo di gallina, all'interno del quale viene aperto un uovo di quaglia e lasciato che l'uovo si cuocia con il calore del brodo stesso. A sua volta, il brodo è stato preparato in tre momenti differenti: prima la bollitura delle ali, poi il brodo viene abbattuto e infine viene separata la parte grassa da quella magra. Il risultato è una proposta dal sapore deciso, avvolgente in cui sì, il sapore dell’uovo deve piacerti veramente tanto. 


Un piccolo intermezzo che mi viene proposto da Paolo e che mi fa sentire davvero fortunata di essere qui, perché nel momento in cui lo assaggio è una delle novità non ancora inserite nel menù di Corte Aurora. Abbiamo una ceviche di cuore di manzo, due mesi e mezzo di marinatura con rapa rossa, macerata a temperatura controllata. Probabilmente lo saprai già ma, in realtà, il cuore di manzo è una delle parti più delicate, perché capita spesso e volentieri che durante la macellazione questo organo venga compromesso ed è quindi molto difficile trovarlo intatto, senza danneggiare i vasi sanguigni, per poi lavorarlo. Io non lo sapevo ed è stato Paolo a spiegarmelo. Devo essere sincera: durante la sua spiegazione per me è stato molto difficile rimanere più o meno impassibile, perché pensare di mangiare un organo è sempre molto forte per me. Davanti a tanto entusiasmo però, non potevo dire di no.

Ecco, mi aspettavo un retrogusto ferroso, un po’ come in tutti gli organi filtranti, invece mi trovo davanti ad un affettato molto delicato, raffinato, presentato volutamente in un taglio estremamente sottile, ma che forse proprio per questo motivo diventa accattivante.


Passiamo adesso ad un vino della Loira, Les Athletes Du Vin, Gamay. Qui è Andrea che mi racconta che si tratta di un vino figlio di una cooperativa di sette produttori: ognuno ha la sua azienda in territori differenti e ogni anno realizzano un prodotto unico. Il retrogusto di ciliegie e more rende questo vino particolarmente incisivo, prima all’olfatto e poi al palato, il che lo rende perfetto per la portata successiva... 


…quando si parla di trittico di crudi mi sento sempre invitata a nozze. Il katsu sandu è un pan brioche con all'interno una angus beef tart (una battuta con sale e olio), accompagnata da uno zabaione salato con tartufo nero del Molise. Insieme a questo, arrivano anche le cipolline con la loro battuta e un petto di anatra salato e affumicato su di un letto di insalata di finocchi.


Il katsu sandu mangialo con le mani, ti prego. Il pane ai carboni vegetali è davvero pazzesco, croccante e gustoso, abbraccia la tartare ma il vero colpo da maestro è dato dallo zabaione salato con il Tartufo. Talmente equilibrato da convincere anche chi, ancora adesso, quando sente parlare di Tartufo, storce il naso e non sa cosa si perde.


La cipollina. Un minuto di estasi per la cipollina: uno scrigno agrodolce che racchiude una battuta dolcissima, riuscendo a non contrastare ma prenderla dolcemente a braccetto. Il petto di anatra, dal canto suo, è pura poesia: sapido, con il finocchio che va a smorzare questo sapore acceso ma che diventa piacevole grazie al taglio sottilissimo della carne. Nella crema di peperone arrostito (sono le gocce che vedi accanto alle cipolle!), credo di volerci annegare dentro. 


Sì, è questa portata che mi convince che è stato davvero raffinato il percorso che ha portato la cucina di come in Corte Aurora ad evolversi, senza venire stravolta da quelle che sono le tendenze del momento. Ci vuole molto coraggio per fare qualcosa di diverso in un contesto come quello dei Colli e ci vuole ancora più coraggio per affermare la propria voce, prendere la tradizione per mano e portarla laddove noi vogliamo arrivare. 


Cambiamo anche qui? Pinot nero riserva Le Bifore, Salurnis. Elegante, barrique, pensato per entrare nel vivo della nostra cena. Il primo piatto è un raviolo del plin con cotechino home made e lenticchie, brodo di ginocchio, carambola in due consistenze, sashimi di Wagyu della prefettura di Gunma. Paolo mi racconta che il Wagyu, in realtà, cuoce nel brodo dei ravioli perché viene messo sul piatto a crudo. La carambola, dal canto suo, è stata messa lì fresca per stemperare il brodo che, essendo un brodo di cartilagine, potrebbe risultare aggressivo. In questo modo, invece, abbiamo un retrogusto estremamente fresco. Il raviolo è corposo, talmente bello, così cicciotto e chiuso accuratamente a mano, da meritare più di una fotografia. Cotto nel suo stesso brodo, il manzo è assolutamente delicato: non lasciarti ingannare dall'occhio perché ti potrebbe sembrare un taglio più grasso, invece, la parte grassa della carne si è sciolta alla perfezione, rendendo il boccone così cremoso da lasciarti senza fiato. Parliamo comunque di una carne che oltre ad essere estremamente delicata, è anche preziosa ed è per questo, forse, che questo piatto è per me la quintessenza della creatività e dell'eleganza.


Un altro vino, un rosso questa volta. Terre Lazzaroni, Cagliostro, 2020. Si, Lazzaroni proprio come Marco Lazzaroni, il rugbista. 24 mesi in barriques e almeno 6 mesi di riposo in bottiglia per il vino che accompagna il nostro secondo piatto. Un’animella cotta a bassa temperatura e… sembra semplice, detto fin qui. In realtà, la base del piatto è fatta di una finta terra preparata con grano, zabaione salato, senape e miele, con una spuma di porcini, mela al Martini e salvia all'ananas.


Non bastava tutto ciò: questo è il piatto che forse, meglio di altri, raccoglie la voglia di divertirsi di questo staff meraviglioso. Il piatto arriva, infatti, insieme ad una salsa servita direttamente dal Gusteau (sì, quello di Ratatouille): è una salsa di chiocciola ma con ricetta segretissima dello chef. Credimi: mai avrei pensato che un piatto così mi sarebbe piaciuto tanto dato che ci sono davvero tante, troppe cose per me insolite, ma alla fine la cucina è anche rischio, dicono.


L'animella, di pancreas e non di gola, ha quella consistenza spugnosa che le permette di raccogliere bene questo ragù e di trovare quella sorta di danza raffinatissima che permette di abbracciare entrambi i sapori senza però coprirsi a vicenda.


In accompagnamento…un rosso (e che rosso!). Cagliostro, Terre Lazzaroni, un refosco dal Peduncolo Rosso e Merlot raffinato, sensuale e corposo, vinificato con passaggio in acciaio, 24 mesi in barriques e almeno 6 mesi di riposo in bottiglia. 


Qui vogliono proprio farmi sentire coccolata, ecco perché quando arriva il pre dessert non posso fare a meno di sorridere. Si tratta di una finta ostrica: un sorbetto con un teschio di cioccolato bianco, polvere di rapa rossa ed estratto di fragolino, da mangiare esattamente come mangeresti il preziosissimo frutto di mare. Trovo che anche in questo dessert ci sia una vena di genialità perché riprende l'ostrica oltre che nell'aspetto anche nella consistenza, in quanto è cremosa ma con una parte corposa data appunto dal teschio di cioccolato bianco.


Chef Marco ha proprio voluto mettere qualcosa di suo anche nel dolce, perché mi racconta di venire da Roma e in particolare da Cinecittà. Ecco perché, quando arriva il popcorn, capisco che si tratta di un segno distintivo, di un ultimo saluto dalla cucina che silenziosamente ci ha coccolati per tutto questo percorso. Il semifreddo alla cannella, crema inglese al popcorn e ribes mi fa pensare ad un altro film in realtà, in cui si dice che i dolci non devono avere senso ma essere in grado di trasmettere qualcosa. In questo caso quello che mi trasmette questo dolce è tutta la passione di chi ha lavorato per noi e non ha avuto paura di osare. 


Da bere, con i dolci, abbiamo un Moscato fior d'arancia del 2021, Luna del parco, il Filò delle vigne e un assaggio di liquore alla lavanda. Anche in questo caso si tratta di un racconto di famiglia, perché la lavanda piace tanto alla mamma di Andrea e Paolo e durante un anno in cui le piante di lavanda del terreno poco distante avevano dato il meglio con i loro fiori, hanno deciso di raccoglierli e metterli a macerare, preparando un liquore che (era questa la scommessa!) non sapesse di bagnoschiuma e ti dico che non era facile ma ce l'hanno fatta.


Come in Corte, Aurora è quel progetto nato da due fratelli che non hanno ancora perso la voglia di giocare e che ha coinvolto una cucina animata dallo stesso spirito e dalla stessa voglia di fare. Un progetto sfidante, ambizioso, ma che nasce dalla forte e consapevolezza che solo un gioco di squadra pensato giorno dopo giorno può portare ad ottenere dei risultati davvero importanti. Ci piace? Tantissimo.

Come in Corte Aurora
Via Chiesa Teolo, 1 - Teolo (PD)
Telefono: 3331566758
 

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scritto da:

Elisa Bologna

Da piccola dicevo di voler diventare giornalista, così tutti avrebbero dovuto ascoltarmi. Crescendo, mi sono resa conto che l’amore per la buona tavola e per il vino avrebbe avuto la meglio su tutto: per 2Night scrivo per bisogno e mangio per passione.

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