Abbiamo provato il passato e il futuro di Venezia in una trattoria storica a Rialto

Pubblicato il 7 dicembre 2023

Abbiamo provato il passato e il futuro di Venezia in una trattoria storica a Rialto

Non tutte le soglie sono uguali da varcare. A Venezia di posti speciali ce ne sono tanti, ma quando parli di ristoranti in cui entrarci è un po’ magico Poste Vecie sicuramente è uno di quelli in cima alla lista. A ora di pranzo, il ristorante apre quando le bancarelle del mercato del pesce di Rialto, proprio lì davanti e letteralmente a qualche metro, cominciano a essere smontate dai rivenditori. L’odore del pesce e di vita cittadina si fanno tangibili, quando mi avvicino a quel grazioso ponticello in legno dall’aria bucolica, che una volta varcato porta direttamente dentro Poste Vecie.


Il posto ormai lo conosco bene, so bene o male che cosa mi aspetta ma è sempre una piccola emozione. Dalla cura del servizio, dal cibo squisito e dalle pareti e dagli arredi che sono un pezzettino di storia della laguna. Al mio arrivo vengo subito accolto da Davide, responsabile di sala, da subito tanto impeccabile quanto amicale. La sala in cui vengo fatto accomodare è quella con il caminetto, subito sulla sinistra rispetto all’ingresso. È anche la famosa sala con i vizi capitali dipinti, con il tavolo rotondo su cui si dice amasse sedersi il Casanova e con quel caminetto con una decorazione scolpita a tema dionisiaco che sembra parlare.


Ed ecco che arriva Davide, che dandomi il benvenuto con un cuvée de Barena, un vino locale che potremmo definire come il “prosecco” dell’Isola di Sant’Erasmo, mi spiega che il menù che hanno pensato sarà incentrato sul rapporto tra la tradizione e l’innovazione, con ciò che è stato e con ciò che sarà. Proprio secondo lo spirito dei proprietari Fabio e Diego D’Orfeo hanno voluto dare al locale. E l’antipasto da lì a poco arriva ne è la dimostrazione: una seppia alla veneziana, servita in una coppa con spuma di patate e bottarga di muggine. La grassezza della spuma richiama quella della seppia, in un twist di sapori che aumenta di sapidità andando verso il basso, dove è adagiata la deliziosa seppia al nero. Il sapore, si sente, è la tradizione; la forma, la mélange, è quel qualcosa di nuovo che guarda oltre.


Il primo invece è se vogliamo un piccolo passo indietro più verso l’identità. Il calice di vino è un soave di Vicentini Agostino, proveniente dal veronese. Un prodotto naturale e classico, fresco, come dovrebbe essere un soave. Il tutto per accompagnare degnamente dei tagliolini al nero con granchio reale (che non è blu!). Il nero non è pronunciato, delicato per lasciar spazio anche al sapore del granchio, con il vino che è lì accanto per esaltare quel sapore piuttosto che per contrastarlo.


Il secondo si apre con un vino che semplicemente adoro. Il verduzzo Bardi l’avevo già assaggiato qui, che si caratterizza per il colore giallo dato dalla macerazione dell’uva con la buccia, per un odore di erbe mediterranee e per un sapore molto sapido. E si sposa perfettamente con il tentacolo di piovra grigliato con zucca e botoi (ovvero i primi fiori) di carciofo,che sarà uno dei piatti protagonisti del nuovo menù. La piovra è favolosa nella sua consistenza, grazie alla cottura a bassa temperatura seguita da una scottatura. La zucca invece, laddove di solito saremmo più predisposti a immaginare delle patate, riprende la consistenza dei tuberi per poi giustamente avere un sapore che vira molto di più sul dolce, che fa da contraltare perfetto alla piovra e al suo gusto vagamente pungente della leggera scottatura. Se nel primo i vari sapori erano tutti allineati, qui giocano a contrastarsi l’uno con l’altro osando decisamente di più.


E poi non poteva mancare un dessert che non può non essere all’altezza di quanto mangiato prima. È Davide in persona ad assemblare la composizione proprio davanti ai miei occhi, componendo una millefoglie alle fragole con una crema chantilly fatta con la fava tonka al posto della classica vaniglia. Una fava americana con un gusto vagamente amarotico e che priva la crema della sua tipica dolcezza. Un dolce decisamente fresco e delicato, che tocca il suo apice nella croccantezza della pasta.

Lo sapevo che non sarei rimasto deluso, ma il come è sempre una squisita incognita. Poste Vecie, nella moderna visione datagli dai fratelli D’Orfeo, si può considerare una delle portatrici della tradizione culinaria di Venezia per eccellenza, tanto nelle sue radici che affondano in un passato glorioso quanto nello sguardo verso futuro.

Antica Trattoria Poste Vecie
San Polo, 1608 - Venezia
041721822

  • RECENSIONE
  • CENA BLOGGER

scritto da:

Damiano Fantuz

Amo la musica alternativa e trovo che negli anni Ottanta tutto fosse più bello. E amo Venezia e le sue osterie. Forse quello che mi piacerebbe di più sarebbe frequentare quelle stesse osterie, ma negli anni Ottanta

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