Un locale come atto creativo. Francesco Salamon ci racconta La “sua” Barrique

Pubblicato il 15 aprile 2022

Un locale come atto creativo. Francesco Salamon ci racconta La “sua” Barrique

Francesco Salamon è originario del Lido di Venezia ed è la mente dietro tanti locali di successo aperti a Venezia e non solo negli ultimi anni. Inaugurato insieme ad altri tre soci, La Barrique Wine Bar è una delle sue ultime scommesse. Ce lo racconta lui stesso, in una chiaccherata informale e piacevole.

Ciao Francesco, da dove nasce l’idea di aprire un locale come La Barrique?

Io e Roberto (Ceolin, uno dei soci, n.d.r.) ci siamo accorti del cambiamento della zona di Via Garibaldi. Negli ultimi anni è sempre più frequentata dalla gente, è popolare ma piace anche molto a chi viene da fuori. Ci stavamo accorgendo che stava diventando uno dei nuovi centri della “movida” (se così si può chiamare) veneziana. Ha anche una morfologia adatta: le strisce bianche a terra che delimitavano l’antico canale interrato che oggi è diventato Via Garibaldi fanno da spartiacque tra il plateatico e la zona centrale di camminamento, senza intralciarsi. 

Così avete aperto il locale…

Sì, volevamo qualcosa di caratteristico, con prodotti tipici e freschi, incentrato soprattutto sul vino. Abbiamo scelto il nome e su quello abbiamo impostato tutto il design del locale. “Barrique” è da intendere in senso proprio, quello della botte da 225 litri e non di altre misure.

Qual è il tuo approccio a questo tipo di lavoro?

Mi piace immaginarmi i locali e realizzarli, è un processo creativo. Vedo il posto, mi immagino come potrebbe essere e inizio i lavori. Tutte le scelte estetiche de La Barrique sono mie e dei miei soci, e non ci siamo rivolti ad architetti e specialisti, se non per le questioni burocratiche.

E poi è arrivato l’oste, Marco “Cemut” Simonetti…

Marco è fondamentale per La Barrique. Era inizialmente venuto in contatto con noi per avere in gestione un altro locale, ma poi abbiamo deciso di proporgli La Barrique, di prossima apertura, l’idea gli è piaciuta subito e ha accettato. Marco ha un po’ “friulanizzato” il locale, non era un’idea originale. Per merito suo una bella parte dei nostri prodotti vengono proprio dal Friuli, è molto fiero del crudo di San Daniele.

E per quanto riguarda i cicchetti?

È sempre un’idea di Marco. Ogni cicchetto è preparato sul suo piattino quadrato, perché ha la stessa dignità di un piatto “normale”. È solo che è in una porzione più piccola. I cicchetti di base sono tradizionali veneziani e quindi di pesce, ma poi ci sono anche gli affettati e i formaggi. È un po’ il friulano che va in soccorso del veneziano, se a qualcuno non piace il pesce. Cerchiamo di accontentare tutti.

Che cosa vi aspettate per il futuro?

Finora i risultati sono stati positivi per il periodo che abbiamo vissuto, ma vorremmo poter lavorare in condizioni di normalità. L’anno scorso con la Biennale di Architettura è andata bene, ma non vediamo l’ora di lavorare con la Biennale di Arte, che sarà la prima per noi. Ci sarà molta gente, e noi siamo in una zona strategica tra le sedi dei Giardini e dell’Arsenale. Abbiamo anche idea di riprendere con le presentazioni delle etichette. Quando l’abbiamo fatto l’anno scorso, nei limiti delle restrizioni sociali, è stato un grande successo. In genere, contattiamo una cantina che presenta due o tre bottiglie, alle quali noi abbiniamo un piatto. Abbiamo ospitato cantine importanti come Antinori o Ferrari, ma mi piacerebbe anche portare delle aziende più piccole e meno conosciute.

Vi siete integrati bene nel contesto di Via Garibaldi? Com’è il rapporto con gli altri locali?

Molto buono. Per il Redentore 2020, che si è svolto con le restrizioni per la pandemia e senza i fuochi, abbiamo organizzato un piccolo evento con gli altri locali limitrofi. Eravamo cinque locali con lo stesso dj set, e ogni bar o bacaro aveva un banchetto esterno in cui proponeva una specialità. È stato un piccolo evento nell’evento. Siamo stati molto soddisfatti del risultato, l’abbiamo replicato anche quest’anno e lo faremo ancora.

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scritto da:

Damiano Fantuz

Amo la musica alternativa e trovo che negli anni Ottanta tutto fosse più bello. E amo Venezia e le sue osterie. Forse quello che mi piacerebbe di più sarebbe frequentare quelle stesse osterie, ma negli anni Ottanta

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