Voglia è un locale che stupisce. Dall’arredamento alla scelta dei vini, dall’attenzione per il cliente alla capacità di saper raccontare e rivisitare i piatti della nostra nazione. Valerio e lo chef Luca (il cognato) propongono un menù di classe che attinge dalla cultura popolare. Da “Voglia” si mangia, sì. Ma si viaggia. Tra Roma e l’Abruzzo, tra la cucina della nonna e le tecniche di un 5 stelle, tra la sicurezza del conosciuto e il brivido del nuovo. E quando Valerio Giansanti, il titolare, si siede al tavolo e ti racconta il piatto che stai per assaggiare, capisci che il nome non è solo un’idea di marketing. Qui la voglia c’è. Di cucinare, di sorprendere, di crescere. E ti resta addosso, anche quando esci e Roma ti riprende.

Ne abbiamo parlato con Luca, chef executive di Voglia Trattoria Contemporanea. 

Mia nonna aveva un agriturismo e quindi sono sempre cresciuto all'interno della dell'ambiente. Mi sono iscritto alla facoltà di Ingegneria Civile, poi a un certo punto nonna si è ammalata così ho deciso di mollare e di iniziare a fare questo lavoro. Per circa 7 anni ho cambiato vita e ristoranti: ristorazione classica, street food, agriturismo. Nel 2015 conosco Gaetano Costa e poco dopo inizio a lavorare nella sua cucina. Lì ho imparato l'eccellenza: piatti molto vicini alla cucina stellata e preparazioni di livello. Lasciata la sua cucina, passa qualche anno e conosco Valerio, che poi diventerà poi il marito di mia sorella, e decidiamo di aprire Voglia. 

La cucina di Voglia: dall'Abruzzo con furore

La cucina di Luca è recupero memoriale: i piatti abruzzesi vengono ripresi e poi innovati, qua e là, con tecniche di lavorazione particolari o con accostamenti studiati dal punto di vista chimico. Voglia è ricerca, sperimentazione, azzardo. Tutto si può fare, se si hanno le competenze per farlo e se si conosce la composizione chimica degli alimenti. E su questo, Luca è una macchina. Per spiegare il concept della sua cucina, partirei dalla black amatriciana. 

Non è solo pomodoro. Non è solo guanciale. C’è una nota scura, quasi dolce, che ti incuriosisce. È la black amatriciana. Guanciale che resta croccante e morbido insieme, sfumato con un filo di aceto balsamico che toglie l’acidità del pomodoro e lascia una carezza dolce sul palato. Un nome che fa sorridere, un gusto che resta. È lei che ti dice subito che qui la tradizione non si copia: si riscrive.


Valerio Giansanti, titolare di Voglia, la descrive così: "Noi la Amatriciana la sfumiamo con un goccio di aceto balsamico IGP. L'aceto balsamico aiuta a togliere la parte acida del sugo e fa sì che il guanciale possa riassorbire parte del grasso che fuoriesce in cottura. Il guanciale rimane morbido e perde quella sapidità un po’ bruciacchiata che possiamo trovare in tantissimi posti a Roma e non solo. Chi l’ha mangiata, è tornato apposta per riprenderla e ha sparso la voce. E stiamo parlando di un piatto sacro come l’amatriciana. Per noi, essere riusciti a onorarla con questa piccola variazione è un orgoglio e un vanto".

Accanto, sul menù, la carbonara. Non serve descriverla, perché qui è un fatto d’onore. Una di quelle che i clienti raccontano agli amici come “tra le migliori di Roma”. E non è questione di moda, ma di precisione: guanciale e pecorino lavorati con tecnica millimetrica, senza concessioni. Il tuorlo che avvolge la pasta sembra seta d'Oriente e il guanciale di Amatrice regala emozioni uniche. Un equilibrio costruito, testato, difeso.

Poi c’è l’Abruzzo, che entra in carta con un sorriso: la pallotta cacio e ova. Piatto di casa, di nonna, di domeniche lente e di partite viste alla televisione.  Pane, formaggio, uova: ingredienti poveri che diventano ricchi nel sapore. Qui arrivano in tavola morbide, calde, immerse in un sugo che sa di forno a legna e mani infarinate.


La carne è un altro piatto forte di Voglia. La provenienza è fondamentale: Valerio non lascia nulla al caso e si preoccupa personalmente di indagare sulle caratteristiche degli allevamenti e soprattutto sui tagli. Uno non vale l’altro e spesso la riuscita di un piatto è legata alla parte che si utilizza. Se vuoi una tagliata di carne di livello, è qui che devi venire.

Poi c’è il pollo, che qui si eleva fino a diventare una pietanza quasi lussureggiante. La sovraccoscia di pollo viene prima marinata e poi glassate e infine viene servita con cavolo cappuccio marinato. Nella sua semplicità, un piatto capace di entusiasmare e che non esce mai dalla carta. Ed è una delle pietre miliari rimaste inalterate nel tempo, perché Valerio e Luca lavorano costantemente sui piatti e puntano a cambiare il menù con regolarità.

 
La carta dei vini non è un elenco: è una geografia emotiva. Oltre 50 etichette di vitigni che non senti nominare tutti i giorni: violone, aleatico, procanico, roscetto. Non solo bottiglie: storie. Come quella di un cesenese nero coltivato solo da una cantina che ne detiene l’esclusiva. O di un ramatico nato per caso, da una fermentazione spontanea, diventato un vino che sa di rame e terra bagnata.


Perché qui il vino non è un accessorio. È parte del racconto. Un complice del piatto. Un sorso che allunga la memoria. Un nome che mi ha fatto sobbalzare l’anima è il Cavarosso di Antonella Pacchiarotti. 100% Aleatico, 14 gradi che avvolgono il palato in un modo quasi commovente. Un vino che non smetteresti mai di bere.

Voglia è tutto questo e anche di più. Un locale, un'idea, un concetto. Voglia è la magia delle ricette di Luca. Voglia è la poesia dei racconti di Valerio e la sua capacità di trasmettere energia e amore per la cucina. 

Voglia Trattoria Contemporanea
Via Giuseppe Arimondi, 15 - Roma
Telefono: 0687082264
 

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