Ti racconto dove vanno a mangiare romano i romani a Roma

Pubblicato il 18 ottobre 2019

Ti racconto dove vanno a mangiare romano i romani a Roma

Roma caput mundi, la città più affascinante al mondo, visitata ogni anno da milioni e milioni di turisti... e ai romani chi ci pensa? Nati in questo gioiello di città, sono (siamo) costretti a vivere a cavallo di uno scooter, sempre in mezzo al traffico, ad aspettare ore e ore un autobus come fosse il Messia, a girare tra cantieri mai terminati, a non vincere la Champion e manco il Campionato, a vedersi passare davanti agli occhi acchiappaturisti culinari di ogni genere. Ecco, proprio su quest’ultima tragedia mi soffermo. Eppure, le cucine a prova di romano coraggiosamente sopravvivono, mantenendo vive tradizioni centenarie (se non millenarie). Carbonara, gricia, cacio e pepe, carciofo alla Giudia, baccalà: non sono solo - ormai - specialità a prova di visitatore occasionale, desideroso di sentirsi local per un giorno, ma piatti da cui qualsiasi romano non può prescindere. L'importante è sapere dove ordinarli. 

Per la carbonara

Non ci penso due volte e ti mando all’Osteria Fratelli Mori. Qui la celebre carbonara è il piatto più ordinato. Ha il colore che deve avere, il sapore che deve avere, gli ingredienti sono equilibrati, il guanciale croccante, le porzioni abbondanti al punto giusto, i prezzi onesti. Niente da dire. Buono anche il pane (perché si sa, la scarpetta è un momento sacro). Il ristorante è gestito da Alessandro e Francesco Mori, insieme a mamma Giuliana. Ci assapori la vera cucina della tradizione romanesca, ma anche le poesie dei poeti der Trullo, appese alle pareti del locale. Famose in città, oltre alla carbonara, la cacio e pepe, le polpette di bollito e il baccalà alla romana. E mi raccomando: sempre chiudere il pranzo o la cena con uno dei dolci fatti in casa di Mamma Giuliana. Io voto per la Ricotta di Ambrogio (vecchia ricetta di papà Ambrogio).
Osteria Fratelli Mori, Via Dei Conciatori 10, Roma , tel. 3313234399 

Per la gricia

Seppur col tempo la gricia sia stata oscurata per celebrità dalla più ricca carbonara, rimane un caposaldo della cucina romanesca, piatto povero, tipico della dieta dei pastori appennini. Il fatto che gli ingredienti non siano molti non ti deve ingannare. Non è una ricetta semplice da eseguire. Da Agustarello a Testaccio la preparata a regola d'arte fin dal 1957, utilizzando i rigatoni e il guanciale di Amatrice. Fra tovagliette in carta paglia, caraffe di vino rosso e tante chiacchere, ti senti a casa. 
Agustarello a Testaccio, Via Giovanni Branca 98, Roma, tel. 065746585

Per la cacio e pepe

Eccoci in una delle zone più suggestive e iconiche della Capitale: il Ghetto di Roma. Qui ti consiglio La Reginella d’Italia, ristorante di cucina kosher, raffinato ma non impettito, a prezzi popolari. Qui la cacio e pepe è il piatto forte, specie quella in crosta di pecorino. Tre aggettivi per descriverla: equilibrata, delicata, cremosa al punto giusto. Consiglio di continuare con il baccalà alla romana o la spigola ai carciofi. Buona la selezione di crudi. 
La Reginella d’Italia, Via Del Portico D'Ottavia 65, Roma, tel. 0668801607

Per gli gnocchi alla romana

Giovedì gnocchi: quante volte l'abbiamo sentita pronunciare delle nonne romane. Ma se qualche volta la nonna sciopera (o va in balera) ti consiglio di ordinarli alla Trattoria (Da Stefania) di San Giovanni, secondo alcuni, addirittura, la migliore trattoria di Roma. Difficile smentire. Ma veniamo agli gnocchi: latte, semolino, burro e parmigiano, gratinati al forno al punto giusto e serviti nella stessa pirofila di cottura. Ma trovandomi qui, non mi lascio scappare nemmeno le polpette al sugo e le ciambelline al vino.
Trattoria Da Stefania, Via Terni 29, Roma, tel. 0670303793 

Per l’amatriciana

L'Amatriciana nasce attorno al ‘700, con la diffusione, in Italia, della passata di pomodoro. Oggi è diventata una di quelle ricette tramandate di padre (o madre) in figlio/a, proprio come ha fatto la famiglia Salvi nella sua Taverna Cestia. Ebbene: oltre 50 anni d’esperienza dietro un piatto di rigatoni all'Amatriciana, con guanciale d'Amatrice e pecorino romano, preparato secondo una ricetta segreta, proveniente da Amatrice. Da provare anche i piatti popolari di un tempo, come la pasta e ceci e la puttanesca, e i classici in genere della cucina romana, come abbacchio e saltimbocca. Degne di nota anche le alternative di mare come spaghetti alle vongole, spigola e rombo. 

Taverna Cestia, Viale Della Piramide Cestia 65, Roma, tel. 065743754 

Per il supplì

Antipasto? Pranzo? Non esiste un unico momento per mangiare il supplì. Ordinalo quando ti pare e sei nel giusto. Da Sbanco ho assaggiato praticamente qualsiasi tipo di supplì: il classico con ragù di manzo; quello alla carbonara con guanciale, uovo, pepe nero e pecorino; quello con provola, pancetta e lardo Nero dei Nebrodi (presidio Slow Food); quello col nero di seppia; quello con la porchetta; il supplì di zucca, timo, provola e nocciole. Costano tutti dai 2,50 ai 3 euro e qualcuno sostiene creino dipendenza. Confermo. Il locale propone anche un'ottima selezione di birre artigianali, che col supplì sono la morte sua. 
Sbanco, Via Siria, 1, Roma, tel. 06789318 

Per la coda alla vaccinara

Per mangiare uno dei piatti più goduriosi della tradizione romana, mi sono affidata all'osteria un tempo frequentata dai ‘vaccinari’, i macellai del vecchio mattatoio della Capitale. Da Checchino 1887 era celebre la coda alla vaccinara preparata da Ferminia, secondo una ricetta che oggi – cinque generazioni dopo – custodiscono e propongono i bisnipoti. La coda di manzo viene stracotta per cinque ore in salsa di pomodoro, con sedano, pinoli, uva passa e una spolverata di cioccolato amaro. La trovi sia alla carta sia nel ‘menu del "collezionista", insieme a dei succulenti rigatoni con il sugo di coda. Questo ristorante fa parte dei Locali Storici d’Italia, in quanto frequentato da grandi personalità come Einaudi, o lo scrittore Vasquez che, all’interno di un suo romanzo, gli ha reso omaggio.  
Checchino dal 1887, Via di Monte Testaccio 30, Roma, tel. 065743816 

Per il baccalà

In zona San Giovanni si mangia il baccalà alla grande. Mi riferisco al Baccalà della Bottega, ovvero quello preparato secondo un'antica ricetta di famiglia dalla Bottega Trattoria De Santis. In padella pomodoro fresco, bocconcini di baccalà, olio e un mestolo di brodo. Poi viene aggiunta l’uvetta, un pizzico di cipolla rossa e, a fine cottura, i pinoli. Tradizione col giusto pizzico di rivisitazione, questa la filosofia del ristorante e dei suoi tanti cavalli di battaglia, come gli spaghettoni alla carbonara, preparati con la pasta monograno del Pastificio Felicetti, o il filetto di orata su crema di zucchine, anacardi e patate viola. Ma col baccalà da De Santis non finisce qui. Da provare i ravioli di baccalà, datterino e polvere di taggiasche. Slurp. 
Bottega Trattoria De Santis, Via Santa Croce in Gerusalemme 15, Roma, tel. 067028124

Per l’abbacchio

Abbacchio alla romana, a scottadito e brodettato, tu da che parte stai? Io sto col Ristorante Salvi, gestito da oltre cinquant’anni dalla famiglia Salvi, from Amatrice. Questo ristorante è anche un concentrato di storia, a fine ‘800 infatti era una tipica fraschetta che dava ai viandanti la possibilità di sosta e cambio cavalli, e di questa tradizione ha conservato le ricette che propone tutt’oggi. Abbacchio a scottadito e si va sul sicuro, ma i più coraggiosi si possono buttare anche sulla coratella d'abbacchio. Oltre all’abbacchio, sulla brace, altri tipi di carne, come fiorentina, filetto, bistecche di costa. Da abbinarci un calice di vino laziale e la romanità è servita.
Ristorante Salvi, Via Appia Nuova 1256, Roma, tel. 067183841  

Per i saltimbocca

Il nome di questo piatto mi ha sempre fatto sorridere: un piatto così appetitoso da saltare in bocca da solo. Da Checco Er Carettiere, trattoria a conduzione familiare, la cuoca Stefania assembla con maestria una fettina di vitello, una foglia di salvia e del prosciutto crudo. Poi passa il tutto nella farina e lo sfuma col vino bianco. Infine viene servito con verdure ripassate in padella e patate al forno. Nel tempo questo ristorante di Trastevere è stato meta, oltre che di qualsiasi romano, di un sacco di vips (vedi foto appese alla parete). Richiestissime anche la frittata di patate, la pajata e la coda alla vaccinara, preparata, tutt'oggi, come nel 1935, quando Checco aprì il ristorante.
Checco Er Carrettiere, Via Benedetta, 10, Roma, tel. 065817018   

Per le polpette di bollito

Ognuno di noi nutre un amore incodizionato per le polpette dalla mamma (o della nonna) e non è facile altre prendano il loro posto nel cuore. Io, personalmente, ho vacillato con le polpette fritte di bollito di Flavio al Velavevodetto. Carne di manzo, gallina, cubetti di mortadella, un pizzico di noce moscata, pane spugnato, patate lesse, prezzemolo e pepe diventano una sfera poi panata e fritta, servita con verdure ripassate e patate al forno. E lo spettacolo non si ferma qui, perché in menu ci sono anche le mitiche polpette al sugo. In quest’osteria aperta nel 2009 a Testaccio, e nel 2012 anche in Piazza dei Quinti, non si servono piatti turistici, ma tonarelli cacio e pepe, pasta e patate, pasta e ceci, rigatori alla carbonara, gricia, amatriciana, degni del loro nome.
Flavio al Velavevodetto, Via di Monte Testaccio 97, Roma, tel. 065744194    

Per la trippa

Un piatto della tradizione povera da qualche anno è tornato sulla cresta dell'onda. I romani, però, ci hanno visto lungo, non abbandonando mai il piatto dal loro menu. Dove si mangia alla grande nella Capitale? All'Osteria della Trippa, a Trastevere, che serve l'omonimo piatto di carne in dieci diverse versioni, compresa quella con il pecorino. Le più inusuali sono la trippa fritta, da mangiare come fosse un piatto di patatine fritte, le polpette di trippa, l’uovo alla trippa e il tonnarello al ragù di trippa. Anche il più scettico in questa osteria moderna si innamorerebbe della trippa. Per concludere in bellezza, tra tutti i piatti tradizionali, scelgo sempre un altro classico: la crostata con ricotta e visciole. 
Osteria della Trippa, Via Goffredo Mameli 15/16, Roma, tel. 0645554475  

Per il carciofo alla Giudia

Questo piatto ha radici molto antiche, quelle della cucina ebraica-romana del XVI secolo. I carciofi vengono puliti, conservando sia il gambo sia le foglie, messi in acqua e limone e poi fritti nell’olio bollente. E visto che di tradizione stiamo parlando, ti consiglio di assaggiarli alla Taverna del Ghetto, il primo ristorante kosher di Roma, in città da più di quarant’anni. Qui il carciofo romanesco, grazie alla doppia frittura, risulta tenero dentro ma scrocchiarello fuori.
Taverna del Ghetto, Via del Portico d'Ottavia 8, Roma, tel. 0668809771

Per i fagioli con le cotiche

Un famoso detto vuole che del maiale non si butti via niente e io aggiungerei: neanche la sua pelle. Nella tradizione romanesca è ingrediente principale di un piatto povero: cotiche e fagioli. Nell’originale menu dell’osteria Dar Bruttone, a San Giovanni, i fagioli co le codiche si trovano tra gli antipasti e vengono serviti in un coccio. Altre pietanze che hanno attirato la mia attenzione sono state la carbonara tartufata, gli arrosticini marinati alla birra e le ciambelle al vino servite con un calice di Romanella rossa. Un romano qui si sente come a casa sua.
Dar Bruttone, Via Taranto 118, Roma, tel. 0689024870  

Per il maritozzo

Nella lista delle specialità romane, certamente non poteva mancare il dolce. Ecco che l’emblema della zuccherosità romana è il maritozzo. Al Maritozzo Rosso di Trastevere, noto ristorante e laboratorio di cucina, trovi quello tradizionale, con la panna, ma anche il maritamisù, farcito con crema al mascarpone e spolverato con cacao amaro. Non manca neanche la versione salata. Con cosa viene farcita? Con stracciatella, alici e spinaci crudi, con il pollo alla roma o con la mousse di mortadella.
Maritozzo Rosso, Vicolo del Cedro 26, Roma, tel. 065817363 

Foto di copertina dalla pagina Facebook di Sbanco

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