Giuseppe e Sonia Romanazzi: vi spieghiamo cosa significa fare i ristoratori in Puglia

Pubblicato il 25 giugno 2021

Giuseppe e Sonia Romanazzi: vi spieghiamo cosa significa fare i ristoratori in Puglia

Hanno iniziato insieme, da una vecchia torre di guardia sul mare: un passo alla volta hanno riscritto la storia del buon cibo a Giovinazzo.

Giuseppe Romanazzi non aveva nulla tra le mani quando si è innamorato della torre di guardia sul mare nella una piccola insenatura del centro storico di Giovinazzo. Aveva accanto sua moglie, però. Sonia lo ha spronato a dare forma alla sua idea di cucina in una location che presto, con tanti sacrifici, è diventata strepitosa. A lei, Giuseppe ha dedicato il progetto successivo, SoSo' Vineria & Cucina, una vineria con cucina in cui riportare in chiave più immediata la bellezza e la qualità dei piatti del Romanazzi's Apulian Restaurant.A valle di sedici, lunghi mesi sospesi, passati come sempre a creare nuovi piatti per le due carte, Giuseppe e Sonia ci spiegano cosa significa essere ristoratori in Puglia oggi.


Prima Romanazzi’s, creato praticamente dal nulla, con le tue sole forze, il sostegno economico di tua moglie, tanta fatica e paura. Poi Soso’, che ora vede il meritato successo di una vineria in cui non si servono taglieri e formaggi. Giuseppe, Sonia, cosa significa essere un imprenditore nel campo della ristorazione in Puglia?
Ora come ora significa essere degli eroi, che vanno avanti con la sola passione per questo mestiere. È un lavoro gratificante quando lo si fa bene, ma è anche logorante.

Qual è la vostra ricetta per il successo di un ristorante?
Tutto parte dal pensare che i clienti siano i tuoi datori di lavoro. Lo diciamo anche ai ragazzi. Partendo da questo presupposto, dove le persone sono il centro di tutto, allora dai il massimo per far mangiar bene, servire bene, e far stare tutti in un ambiente pulito e ordinato. Allora c'è il vero ritorno. Se il cliente non ritorna, inizia il declino. In più bisogna avere qualche nozione di marketing perché se oggi si pensa ancora che il cliente venga perché sa chi sei, si parte male. Si deve creare un brand e mantenere il nome, gestendolo con le dovute operazioni.


Nell’epoca dell’apparenza, dei social network, la qualità del cibo è ancora importante? Se sì, perché e come la interpretate da Sosò?
La presentazione del piatto è fondamentale anche per il marketing del locale. Oggi chiunque ha uno smartphone prima di mangiare, fotografa ciò che è in tavola. E se l'impiattamento è sbagliato, quell'errore finisce sui social. Invece, prima di entrare in un ristorante, le persone si fanno un'idea di ciò che mangeranno su Instagram. Anche l'estetica del locale, del personale, il design, la simmetria dei tavoli, dei bicchieri, del cibo contano. Poi c'è la qualità, che è la prova del nove dell'aspettativa che si è creata nella testa del cliente. Quell'aspettativa non devo rispettarla, ma superarla: solo questo fa il vero successo di un ristorante come Soso'. 


Qual è l’errore principale da non fare quando vuoi aprire un ristorante?
Non fare marketing: l'abbiamo imparato a nostre spese. All'inizio delle mie attività pensavamo solo alla cucina e alla gestione del locale. Questo ha provocato un rallentamento nel processo di approccio col pubblico. Ma in fondo quel tempo ci è servito per imparare a rispettare e superare le aspettative dei nostri clienti.


Qual è la qualità più importante da avere quando decidi di lavorare nella ristorazione?
La leadership è importantissima: i collaboratori devono sapere che c’è chi sa risolvere i problemi che si presentano, con guida ferma, perché questo li spinge a dare sempre di più. Poi certe cose o ce le hai o non ce l’hai, come la capacità di intuire il problema in anticipo. Ma non sono cose che si imparano a scuola: si possono solo perfezionare con l’esperienza.

Cosa ne pensate della penuria di personale nel campo della ristorazione che oggi molti colleghi denunciano?
Se il cliente è il nostro datore di lavoro, i nostri collaboratori devono essere trattati come i nostri clienti. Quando hai la tua giornata storta, questa non deve influenzare il rispetto per chi lavora con te. Deve finire l’epoca dei cazziatoni, che servono al momento opportuno ma magari in modo personalizzato. Bisogna essere anche un po’ psicologi nel trattare con il personale: è troppo semplice sbraitare e mandare tutti a quel paese, perché poi ti devi rimboccare le maniche e sostituire chi sparisce. Essere leader è difficile proprio perché devi gestire tutte queste situazioni in modo attento. Riguardo la carenza di personale in questo momento storico, io sento che una parte di responsabilità ce l'ha il reddito di cittadinanza, che ha lasciato a casa tanti scansafatiche. Se prendo 700 euro stando a casa, perché lavorare?

In molti ne fanno appunto una questione di salario...
La ristorazione è una categoria a parte: non c'è mai stata una perfetta rispondenza tra ricavi economici e ore di lavoro. Forse solo le grandi catene di ristorazione possono permettersi di pagare a ore i dipendenti. Secondo noi la retribuzione va concepita sulla meritocrazia: più valore aggiunto porti al locale, più la retribuzione aumenta. Chi sta in sala non è un cameriere, ma un venditore. Speriamo un giorno di poter ragionare con i nostri collaboratori in termini di percentuale sulle vendite.

  • GLI ADDETTI AI LAVORI

scritto da:

Stefania Leo

Giornalista e appassionata di cibo, amo vedere e raccontare tutte le storie che si intrecciano in un piatto. Cucino, leggo e non mi fermo davanti a nessun ingrediente sconosciuto: è solo il punto di partenza per un nuovo viaggio gastronomico.

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